D come dubbio. Nel senso di incertezza, dilemma. Al Giro ne vengono sollevati di continuo: quasi tutti restano sospesi in aria. Quando si cade, fa più male l’osso sacro o l’osso profano? Quando Bugno parla di ‘caduta sotto lo stendardo’, si riferisce alla segnaletica stradale oppure sta annunciando il palio degli sbandieratori? Le voci di corridoio restano lì o arrivano anche all’aperto? Quando Rizzato riferisce che Ballerini, ferito al volto, ‘ha preso un cartello’, sa anche se l’ha restituito? A multare l’elicottero della Rai per un’infrazione alle regole di corsa è stata una volante? Dopo aver detto ‘abbiamo incontrato molte saline salendo’, De Luca intende recitare anche ‘trentatrè trentini’? Quelli che accendono i fumogeni sulle salite fanno un corso o sono nati già stupidi? Chi cataloga i giorni senza vittorie di un corridore guarda solo il calendario o tiene conto anche del lockdown? Quando Nibali dopo la crono dice che ‘anche il tempo all’arrivo non è stato male’, si riferisce a quello per la classifica o al meteo? Quando l’interprete Rai traduce un corridore facendogli dire ‘tutto lo staff è al massimo della forma’, comprende anche se stessa? Quando Rizzato dice ‘cielo azzurro, mare blu, boschi verdi qui in Puglia’ significa che altrove ne ha visti di colori diversi? Se Saligari dice che ‘Ganna pennella una pedalata’, sta seguendo la crono o è finito nel reparto verniciatura di un costruttore? Quando Bugno dice ‘si sono toccati dentro, toccandosi dentro hanno fatto un mucchio di corridori’, sta spiegando una caduta o guardando un film vietato sul tablet?
H come Hindley. Nel senso di Jay, corridore australiano della Sunweb. Luogotenente di Kelderman, del quale in salita è la spalla: ha scelto così, per non rischiare parti del corpo più imbarazzanti. E’ figlio d’arte: il padre non faceva il ciclista, ma costruiva skilift. E’ emigrato presto in Europa, anche perché costruire impianti da sci in Australia è come vendere infradito in Nepal. Si è stabilito in Italia, nella base varesina dove si radunano i suoi connazionali e lì ha imparato tutto: come ci si allena, come ci si nutre, come ci si riposa, come si parcheggia fuori dalle strisce, come si saltano le file al supermercato. Raccontano che sia salito in bici a sei anni: lo fanno tutti i bambini, la vera impresa sarebbe stato se fosse uscito pedalando dalla sala parto. Ha un nome inusuale, che in inglese significa ghiandaia, uccello che spesso si raduna in gruppetti destinati a sparpagliarsi: osservandolo in salita, è un po’ il suo stile. In India lo storpiano in Jaja, ma lui ha detto di non conoscere Jalabert e soprattutto di non esser abituato a fare l’indiano. Ha un nome letterario, perché Jay era il celebre Gatsby di Scott Fitzgerald: quando glielo hanno fatto notare, ha risposto di non amare i paragoni col passato e di pensare solo a guardare avanti. E’ letterario anche il cognome, perché Hindley è uno dei personaggi di Cime Tempestose: lo gradisce di più, non si è capito se per aver letto il libro o perché è il suo programma in vista dei tapponi.
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