Sul Garibaldi, la guida ufficiale del Giro d’Italia, sono riportati il nome e il cognome dell’uomo che avrebbe dovuto seguire il Var (componente di giuria, support/TV): Gianluca Crocetti, che in materia è chiaramente un’autorità, per non dire un'autentica certezza, essendo stato il primo a ricoprire questo ruolo e avendo di conseguenza occhio e sensibilità non comuni. C’è scritto, ma non c’è. Non c’è il Var. Come tuttobiciweb vi aveva dato contezza a fine luglio, l’Uci non naviga in buone acque e non sono i soli. La pandemia ha messo in difficoltà un po’ tutti, compreso il mondo della bicicletta e questa mattina, Luca Gialanella, resposabile delle pagine del ciclismo su Gazzetta dello Sport ci rende edotti con assoluta chiarezza.
«E la Var non c’è più, e la Var non c’è più – scrive Gialanella -. Ci doveva essere, qui al Giro d’Italia, e poi anche alla Vuelta. Ma non ci sarà. Invece è presente oggi alla Liegi-Bastogne-Liegi, domenica 18 al Fiandre e il 25 alla Roubaix. Non va bene, per niente. La corsa rosa è forse una competizione di serie B e allora la Var, cioè il giudice dell’Uci (la federazione mondiale) che scruta il comportamento del gruppo con l’occhio delle telecamere tv, può saltare? Nel 2020 sarà presente solo al Tour de France e alle 5 classiche-monumento: queste le indicazioni.Alla Gazzetta risulta che la decisione dell’Uci sia puramente economica: in tempo di pandemia, con le restrizioni al bilancio legate alla cancellazione del 71% del calendario con diminuzione dei proventi dalle tasse di iscrizioni, i soldi non sono tanti, la federciclo mondiale ha tagliato anche tanti dipendenti dalla sede di Aigle e lo spostamento dell’Olimpiade al 2021 ha posticipato l’arrivo di un assegno da almeno venti milioni di euro. Ma è inaccettabile che l’innovazione tecnologica più importante degli ultimi anni, inaugurata proprio in Italia alla Sanremo 2018, venga messa nel cassetto per il Giro d’Italia». Come dargli torto.
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