Alexander KRISTOFF. 10. Calmo, deciso, efficace, trova il varco e fila via veloce e potente come pochi. Dopo una giornata di pioggia, le sue gambe sembrano carburare meglio di altre. Si prende tappa e maglia: e stappa. Un buon champagne.
Mads PEDERSEN. 8. Con maltempo, il danese ci sguazza. Perde il derby con il norvegese, ma fa perdere l’attimo e il momento anche al nostro Nizzolo. Vabbé, fa parte del gioco.
Cees BOL. 7. Il 25enne olandese si butta nella mischia e ottiene il massimo che può ottenere. Non è velocissimo, ma scaltro.
Peter SAGAN. 6. Danza di qua e di là alla ricerca della ruota giusta, ma non esce il suo numero. O meglio, non gli riesce il numero.
Elia VIVIANI. 6. Parte molto nelle retrovie, in una volata che anche altri velocisti sembra non vogliano fare. Poi trova il varco ed esce molto bene. Ha gambe più forti del 6° posto.
Giacomo NIZZOLO. 6. È probabile che Kristoff non l’avrebbe battuto, ma dà l’impressione di non essergli tanto da meno. Viene fermato, stoppato, bloccato sul più bello da Pedersen e Bol, che lo chiudono a sandwich. Lui è costretto a smettere di pedalare, per non cadere. Se proprio vogliamo, anche questa volta, parte troppo tardi dopo aver tentennato a lungo.
Bryan COQUARD. 5,5. Non è mai nel vivo della volata. Gli altri sette sono lì in linea, racchiusi in un metro, lui c’è ma è testimone di una bella e difficile volata.
Oliver NAESEN. 5. Potrebbe fare qualcosa di più. Potrebbe.
Luka MEZGEC. 5. Ha il dono della volata, ma oggi non lo fa vedere.
Caleb EWAN. 5,5. Tagliato fuori da cadute e strappi per lui forse troppo aspri. Soffre.
Sonny COLBRELLI. S.V. Cade e ne esce malconcio: spalla dolente. Preoccupa.
Tony MARTIN. 5. Il voto è per lui che ha fatto il capopopolo per tutto il gruppo. È una gara. È il Tour de France. Sono visti nel mondo e dovrebbero per regolamento onorare le corse (obbligo di difendere le proprie possibilità, con sportività, lealtà e senza falsare o nuocere, ma anche senza “condizionare”, come recita il regolamento tecnico Uci dall’articolo 1.2.079 fino al 1.2.083). Capisco le leggi non scritte, le leggi del gruppo o del branco, quindi comprendo chi invita alla prudenza su strade saponetta sulle quali non si resta in piedi, ma non trovo scandaloso chi prova a fare la propria corsa, pur rischiando l’osso del collo: è suo dovere nonché diritto. Fa parte del gioco e per me vale la regola per cui domandare è lecito, rispondere è cortesia. Per la serie: ti chiedo di andare giù piano in discesa? A me la facoltà di accettare o meno l’invito.
Fabien GREILLER. 6,5. Il corridore della Total Direct Energie evade immediatamente dal gruppo con Michael Schär (CCC Team) e Cyril Gautier (B&B Hotels-Vital Concept): questa è la prima fuga del Tour. È sempre lui a conquistare i primi 3 punti per la classifica degli scalatori.
Pavel SIVAKOV. S.V. Era l’uomo in più in casa Grenadiers Ineos, o l’ultimo uomo – in salita - per Egan Bernal. Ora, dopo la caduta di oggi e la conseguente botta alla coscia, potrebbe essere un uomo in meno. Speriamo di no.
Domenico POZZOVIVO. 8. Cade dopo una trentina di chilometri e per il lucano non è un bene, perché in carriera ha già abbondantemente dato. Si rialza, dolorante ma determinato, come sempre: sembra Paolino Paperino. Speriamo che il buongiorno non si veda dal mattino, perché altrimenti son dolori…
Christian PRUDHOMME. 5. Anche quest’anno la Jumbo Visma si presenta al via del Tour in maglia gialla e non è bello. Soprattutto perché per anni gli organizzatori francesi hanno spappolato i cosiddetti ricordando a tutti che di maglia gialla, sulle strade di Francia, deve essercene una sola: quella del Tour. Ai tempi di Marco Pantani e della sua Mercatone Uno, l’Aso pretendeva che la formazione del Pirata virasse la tonalità della propria maglia dal giallo al rosa. La Visma di Roglic fa invece quello che vuole. Chissà perché…
Gianni MURA. H.C. Un hors categorie, un fuori quota, un gigante senza pari. Ha sempre praticato il distanziamento sociale, soprattutto al Tour, non perché se la tirasse – tutt’altro -, ma solo perché fumava e ha sempre preferito scrivere all’aperto, fuori dalla sala stampa, per non affumicare nessuno. Dopo tanti anni non c’è, ma c’è, soprattutto per chi gli ha voluto bene e l’ha sempre considerato un maestro senza che lui si considerasse tale. In questo Tour di fine estate, che non è festa di luglio ma preludio d’autunno, è probabile che la mascherina non se la sarebbe poi messa tanto, scegliendo una sigaretta e un buon bicchiere di vino. Non un Bordeaux, «perché è un signore che se la tira parecchio». Gli sarebbe piaciuto molto questo Tour: tanta montagna, poca cronometro e andamento in senso orario. Ma non ne sono sicuro, e mi sarebbe piaciuto un sacco chiederglielo. Mi manca.
P.S. Se non l’avete fatto, fatelo: “Gianni Mura e i racconti della bicicletta”, edizioni la Repubblica. 9,90 €, nelle edicole. Fa bene al cuore e non solo.