Il ciclismo italiano è ripartito e dopo 4 giornate di corse, è possibile fare un primo bilancio. Marco Selleri con il suo ExtraGiro Warm Up e il sostegno del tecnico azzurro Davide Cassani, hanno rimesso in sella tanti ragazzi, dando il via al ciclismo post lockdown. Così, con questo progetto, l’Emilia Romagna è diventata il teatro della ripartenza del ciclismo nostrano, con gare a cronometro, pista, strada e Mountain Bike, senza pubblico e applicando i nuovi protocolli sanitari.
In molti hanno detto che lei è stato coraggioso nel creare questo progetto di ripartenza del ciclismo. È stato solo coraggio?
«Non mi sento coraggioso, ma solo una persona che ama questo sport e che aveva il desiderio di far tornare i nostri ragazzi in bici».
Come è stato possibile tutto questo?
«Ho lavorato come se fosse un evento normale e non qualcosa di straordinario, ma con la visione spostata in avanti, sapendo che avremmo dovuto anticipare sempre i tempi per qualunque cosa. L’importante era essere aperti a qualunque tipo di esigenza o situazione. Abbiamo lavorato sapendo che potevamo essere fermati in qualunque momento, ma anche con la consapevolezza che tutto il nostro impegno non sarebbe mai stato inutile».
È terminata la prima parte di gare, che bilancio si sente di fare?
«Finora è stato un successo, siamo riusciti a far ripartire il nostro ciclismo. Ieri sono finite le gare di Mountain Bike e devono ancora terminare quelle su strada. Il bilancio è sicuramente positivo».
Qual è stata la cosa più difficile?
«Lavorare senza certezze reali. Le gare iniziavano il venerdì e noi le autorizzazioni le abbiamo ricevute solo il mercoledì. La nostra forza è stata la volontà di far ripartire il ciclismo e di dare una boccata di ossigeno a tutte quelle attività turistiche e commerciali, legate alle zone dove si sono svolte le gare».
Possiamo definire l’Emilia Romagna la regione che ha rilanciato il nostro ciclismo?
«L’Emilia Romagna si è comportata benissimo ma fondamentale è stato il supporto del nostro commissario tecnico Davide Cassani, anche lui nato in questa terra. Senza il suo sostegno tutto questo non lo avremmo portato avanti. Siamo riusciti ad ospitare più di 2000 persone in questi giorni legate al ciclismo. Questa regione è abituata ad ospitare più di 80 eventi amatoriali durante l’anno, in cui sono presenti non meno di 1200 partecipanti, più tutta l’attività federale legata ai giovani. Non siamo ancora ai livelli di altre regioni, ma ci stiamo impegnando».
Oltre a lei ci sono state altre persone che hanno supportato il suo progetto. Chi sono?
«Mi sono avvalso dell’aiuto di persone competenti e con la mia stessa voglia di far ripartire il ciclismo. Si tratta di Alberto Cipressi per la pista e Davide De Palma con Stefano Quarneti per la Mountain Bike. Oggi si sono conclusi i due giorni di gara dedicati al fuori strada, dove abbiamo avuto atleti che porteremo alle Olimpiadi. Il Rally di Romagna è stato importantissimo in questi giorni, scegliendo percorsi dove hanno potuto correre anche gli stradisti, nonostante parti tecniche impegnative e il tutto nella massima sicurezza. Anche correre nell’autodromo di Imola è stato importante per molti aspetti, così come nel velodromo. Siamo riusciti a far correre tutti».
Quale dovrebbe essere il prossimo passo?
«Mi auguro che il nostro non sia un fenomeno isolato e che ci siano altre società pronte a continuare il percorso che noi abbiamo iniziato. I nostri ragazzi hanno bisogno di correre, dobbiamo superare il problema dell’inattività e andare avanti con le dovute precauzioni».
Quanto è stato difficile ripartire?
«È stato molto duro. I protocolli non sono semplici da applicare e bisogna prestare molta attenzione, non solo lungo il percorso di gara ma nella zona di partenza e di arrivo, dove c’è solitamente più confusione. Tutto è delineato e abbiamo cartelli precisi con il tipo di area e il tipo di autorizzazione per accedere. Il ciclismo ha già le sue norme e ora sono aumentate, ma abbiamo dimostrato che possiamo adeguarci».
Che giornata è stata per lei, ieri?
«È stato il primo giorno in cui mi sono divertito veramente. Per la prima volta ho visto dal vivo una gara di Mountain Bike e devo ammettere che mi è piaciuto molto seguire i ragazzi sul percorso. Ho visto scenari molto suggestivi tipici della nostra regione e che grazie a questo sport possono essere valorizzati. La bicicletta da la possibilità di vedere luoghi come nessuna altra attività sportiva».
Abbiamo visto gli stradisti cimentarsi insolitamente con la Mountain Bike e andare in pista. Com’è andata?
«Per alcuni bene e per altri meno. Dal punto di vista educativo è stato sicuramente molto importante, hanno avuto la possibilità di conoscere il ciclismo a 360°. I ragazzi hanno preso contatto con qualcosa che non conoscevano e hanno visto quante energie hanno dovuto mettere in un’ora di gara».
Voi siete stati i primi, nel nostro Paese, ad applicare il protocollo anti-covid al ciclismo. È stato così difficile?
«Non è mai semplice attenersi a delle regole, in particolare quando sono rigide come in questo caso. Il primo passo è mantenere le distanze di sicurezza e quando non è possibile, indossare sempre le mascherine e igienizzare le mani. Siamo stati bravi tutti, dimostrando che le gare di ciclismo, rispettando le regole, si possono fare».
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