Da 25 anni Franco Chiuchiolo è direttore sportivo, organizzatore di gare (una su tutte la Coppa Giulio Burci). In passato alla guida della Ciclistica Pratese 1927, oggi con i giovani della Pol. Milleluci. Sullo stop dell’attività ed ora sulla ripresa, il tecnico di Seano, è uno dei pochi in Toscana che ha deciso di far sentire la sua voce.
«Il Ministro dello Sport Spadafora si è dato da fare, ma il resto hanno fatto poco o nulla, eppure affermano che lo sport deve essere tutelato, è importante, è salute, sono amareggiato e disgustato».
Ora si riparte, programmate anche in Toscane alcune gare, ci sono le linee guida per le cronometro.
«Lunghe da leggere, difficili da interpretare, quasi impossibili da applicare. Troppo differenza con il calcio per tutti gli altri sport, e poi vediamo tutti cosa succede in giro, nei locali, la movida, sulle spiagge, certe manifestazioni. E su questi fatti non può passare il messaggio che si possono fare e non costituiscono pericolo, mentre per il ciclismo ci sono vincoli, protocolli rigidi. Per cortesia coerenza e chiarezza per non fare morire le società soprattutto quelle giovanili».
Critiche anche alla Federazione Ciclistica.
«Noi società siamo senza tutela, la Federazione ha fatto poco o nulla, ed ancora meno ha fatto il Comitato Regionale Toscana. Abbiamo ripreso con gli allenamenti il 4 maggio e nessuna riunione è stata indetta. Colpa anche nostra, intendo dire delle società, perché nessuno si è fatto sentire. Noi alla Pol. Milleluci abbiamo rispettato protocolli e regole, insegnato ai giovani, ne abbiamo quasi 50 tra giovanissimi, esordienti e allievi, ma ora basta. Il coronavirus non è stato colpa dello sport».
Allora via libera per rilanciare il settore senza tanti lacci.
«Massima attenzione ci mancherebbe, qualche regola da rispettare, occhio alla sicurezza, ma per favore ripartiamo altrimenti l’anno prossimo ci sarà la metà delle società e degli sponsor, ma purtroppo mi ripeto non siamo tutelati e amministrati bene a livello ciclistico».
Un futuro poco chiaro per lo sport del pedale.
«Sono preoccupato, società e tesserati in calo, pochi giovani nelle società. Chi guida il movimento deve dimostrare con i fatti di essere pronto a farlo, occorre prendere decisioni».
Per chiudere un pensiero a Giovanni Iannelli.
«Per il sottoscritto era come uno di famiglia. Sono andato sul posto dove perse la vita. Troppo pericoloso quel circuito ed il rettilineo di arrivo, non adatto a una corsa. Prima o poi sono convinto che la verità verrà fuori e sarà fatta giustizia per Giovanni, sulla cui vicenda c’è stato troppo silenzio e poca solidarietà».