È solo una delle tante pagine scritte nella storia del ciclismo da Ivano Fanini ch eè perosnaggio - nel bene e nel male - di grande passionalità, inventiva e passione per le due ruote. Una pagina di storia che trova la sua sublimazione nell'arrivo della terza tappa dl Giro del Trentino del 1988, vinto dallo svizzero Urs Zimmermann davanti al connazionale Toni Rominger. Quel giorno a contendersi il successo furono due corridori di Ivano Fanini con Roberto Gaggioli che, con un colpo di reni, superò sulla linea del traguardo Alessio Di Basco. Il primo correva per la Pepsi Cola Fanini, il secondo per la Seven Up-Fanini.
Il Giro del Trentino, che dal 2017 ha cambiato nome diventando Tour Of the Alps e che attualmente fa parte del circuito Uci Proseries classe 2.HC, ha un albo d'oro con nomi che hanno fatto la storia del ciclismo - la prima edizione fu vinta nel 1962 da Aldo Moser - ma due squadre della stessa famiglia ci sono state nelle edizioni 1988 e 89: le squadre Fanini che segnarono il proprio nome anche nella classifica finale del 1989 grazie a Mauro Antonio Santoromita (Pepsi Cola-Fanini) che superò El Diablo Claudio Chiappucci. Una edizione, quella, che vide primeggiare i colori Fanini anche con Stefano Tomasini (Pepsi-Fanini), vincitore della seconda tappa, in un anno per lui trionfale tanto che vinse la classifica finale di miglior giovane e quindi la maglia bianca al Giro d'Italia.
DUE SQUADRE PROFESSIONISTICHE. In quel biennio accadde qualcosa di inedito: per la prima volta due squadre della stessa famiglia si contendevano la vittoria ad una corsa. Nella fattispecie Roberto Gaggioli ed Alessio Di Basco, due velocisti di rango. «L'idea - dice Ivano Fanini - mi venne perchè quando con il direttore marketing della Pepsi Cola Alberto Ritteri stipulai il contratto di sponsorizzazione, gli chiesi se poteva farmi avere anche la Seven Up fra i main sponsor. Lui mi rispose che anche la Seven Up, di cui era pure direttore marketing, avrebbe voluto il primo nome sulla maglia dei ciclisti e così feci nascere anche la Seven Up- Fanini. Anni di successi e di soddisfazioni. Non posso dimenticare il commento Rai in diretta televisiva di Adriano De Zan sul finale emozionante della tappa al Giro del Trentino che vedeva opposti due miei corridori. Sensazioni uniche... Erano due squadre operaie e corsare che riuscivano ad imporsi nelle classiche ed anche nelle tappe del Giro d'Italia, ritaglliandosi un piccolo spazio fra grandi campioni come Moser, Saronni, Knudsen, De Vlaeminck, Chiappucci, Rominger, Argentin e tanti altri che andavano per la maggiore».
Anche in quegli anni però le polemiche con gli organizzatori non mancarono: «L'organizzatore del Giro d'Italia Vincenzo Torriani non mi accettò più di una squadra. Anche in federazione non si poteva avere più di una squadra affiliata e così - conclude Fanini - iscrissi la Pepsi in America. In occasione della Milano-Sanremo manifestammo in segno di protesta e due ore prima della partenza feci correre i ragazi della Pepsi attirando l'attenzione di sportivi e mass media ma Torriani non cambiò decisione nemmeno per il Giro d'Italia».
ROBERTO GAGGIOLI IL VELOCISTA CHE CONQUISTO' GLI STATES. La storia di Fanini è disseminata di velocisti che hanno avuto stagioni piene di successi. Uno di questi è il toscano Roberto Gaggioli, professionista dall'84 al 2005. Un corridore coraggioso, dai riflessi pronti, capace di lanciarsi in ogni varco ad alta velocità. Con 207 vittorie è uno fra i professionisti che vantano il maggior numero di successi anche se in prevalenza è andato a conquistarseli negli Stati Uniti. «Devo gran parte della mia carriera a Ivano Fanini - dice - perchè dopo che avevo vinto la Coppa Bernocchi nell'86 con Ecoflam ed essermi piazzato in diverse corse a fine stagione, anzichè fare il salto di qualità mi ritrovai senza squadra. Ero un corridore generoso, che amava le fughe già a inizio gara e le volate. Non calcolavo mai, ma mi lasciavo guidare dall'esuberanza. Fu Fanini a credere in me altrimenti probabilmente avrei smesso di correre ed invece grazie a lui la mia carriera è stata lunghissima e ricca di successi».
Al Giro del Trentino una volata entusiasmante le consentì di superare l'amico rivale Di Basco della consorella Fanini-Suven Up. Quale fu la reazione? «Alessio era comunque felice che quel giorno a batterlo fossi stato io. Eravamo e siamo tutt'oggi ottimi amici. Si correva nella stessa famiglia ma ognuna delle due squadre puntava a vincere. L'esclusione dal Giro d'Italia ci portò a correre in America dove vinsi il Philadelphia International Championship: gli unici italiani a vincere una gara di Coppa del Mondo quell'anno siamo stati Maurizio Fondriest ed io. L'America mi conquistò: sono stati gli States a dare una sterzata alla mia carriera. Grazie a Fanini diventai un leader al di là dell'Oceano e mi sentivo a mio agio sotto i riflettori. Fra gli sconfitti a volte c'è stato anche Lance Armstrong che però svolse la sua carriera prevalentemente in Europa».
Anche i suoi guadagni lievitarono pur con l'inconveniente di doversi ambientare in un nuovo paese, con qualche sporadico successo ancora in Europa: «Ricordo che vinsi alla Settimana Bergamasca ma anche al Giro della Slovenia. Feci quella scelta pensando ai soldi e rinunciando allo stesso tempo a disputare corse più importanti, se tornassi indietro rifarei tutto».
Attaccata la bicicletta al chiodo iniziò poi a fare il diesse: «La mia prima squadra è stata il Team Monex nel 2005-06, poi la Toshiba infine il triennio 2009-11 con Amore & Vita con nuove soddisfazioni in casa Fanini e tante volate vinte con l'ucraino Jurij Metlushenko». Gaggioli è tornato a vivere a Vinci, la sua città natale, è sposato ed ha tre figli uno dei quali, Luciano, ha 11 anni ed è un promettente ciclista. Nel 2019 ha vinto 15 corse tra i Giovanissimi ed è pronto al debutto da esordiente. Ed è già promesso a Fanini per seguire le orme del padre...
da La Gazzetta di Lucca a firma di Valter Nieri