La Bellutti ha trovato il proprio paradiso, o il suo posto delle fragole, come scrive in una bella intervista Francesco Ceniti questa mattina su “La Gazzetta dello Sport”. Si chiama Andogno, borgo di soli 38 abitanti adagiato nella parte meridionale delle Dolomiti del Brenta, in provincia di Trento. Con l’aiuto della sua compagna (Viviana Maffei, scialpinista, “sposata” civilmente) “ha rimesso a nuovo l’antica locanda di famiglia, trasformandolo in un rifugio del cuore (“Le itinerande”) aperto a chi volesse provare forti emozioni e una sana spremuta di natura e sport”.
Bellutti, ha scovato l’equilibrio dove molti soffrono di vertigini? Chiede Ceniti. «Sì, possiamo definirla montagnaterapia. Sono felice, lo ero stata anche nel passato: in modo diverso e in ambiti differenti. Ma alla fine mancava sempre un pezzo e le crisi d’identità ti spiazzano, possono trascinarti in un tunnel senza uscita».
Il suo cammino nello sport, quasi per caso. «In famiglia nessuno aveva mai praticato attività fisica. Non ci pensavo neppure io, ma a scuola Claudio Andrea Vantini, il prof di motoria, notò la mia esuberanza nel saltare e correre. E convinse i miei genitori che ero portata per l’atletica». E ancora: «Se sono arrivata così in alto è merito suo... La sua morte è stato uno dei motivi che mi hanno spinto verso Andogno».
Prima c’è la Bellutti campionessa italiana sui 100 ostacoli. Poi un giro in bicicletta con suo fratello che le apre un mondo. Ed ecco la pista. Tutto procede veloce, come solo lei sa andare. Il capolavoro lo compie a Sydney. «Rimane la felicità più grande avuta in carriera. Qualcosa di irripetibile, non si può spiegare a parole».
Entra in Giunta Coni, dove le sue parole sperava fossero maggiormente ascoltate. Ma presto decide di ritornare a competere, questa volta come frenatrice nel Bob a due. «Chiamarono Gerda Weissensteiner, oro olimpico nello slittino. Serviva una seconda. Lei mi portò d’estate a farmi provare il bob: quando ascoltai il rumore che faceva sul ghiaccio, volevo scappare. Ma lei, da altoatesina tosta, alla fine mi convinse».
Poi l’addio alle competizioni, l’adrenalina che cala, e la depressione che prende spazio nel cuore e nella mente di Antonella. «Puoi finire preda dei tuoi demoni, guardare sempre al passato, mai al presente e al futuro. Io avevo studiato: la cosa migliore da fare era ripartire da lì». Anche se la vera svolta è la montagnaterapia... «La morte di papà e Vantini una doppia scossa. Ho ereditato la locanda, Viviana mi ha spinto a rimetterla in piedi. E ho trovato la felicità attraverso il contatto con la natura, la libertà di fare solo le cose che mi piacciono…».