L’Italia era in lockdown da un paio di settimane e diversi osservatori già ci parlavano di come e perché la bicicletta sarebbe diventata lo strumento di salvezza una volta usciti dalla fase emergenziale; mi è capitato di leggere delle cose molto interessanti, analisi condivisibili e dati incontrovertibili.
Da utilizzatore del mezzo per i miei quotidiani spostamenti, ho immediatamente recepito con grande entusiasmo le informazioni, augurandomi che la tragedia di Covid-19 in cui siamo sprofondati offrisse davvero l’opportunità di entrare in una nuova fase. Erano ancora le settimane dei flash mob spontanei, dei concerti e dei canti improvvisati dai balconi, dei cartelli “Ce la faremo, andrà tutto bene!”, dei proclami: “Ne usciremo migliori”. Era anche il periodo delle affissioni “C’è la faremo”, e già quel banale errore grammaticale (voluto dicono) doveva indurci a tenere a freno l’ottimismo!
Con il passare delle settimane quello spirito si è perduto, tanti episodi ci indicano che probabilmente ce la faremo ma non ne usciremo migliori di prima, speriamo almeno non peggiori. La politica ha un gran daffare nel tentativo di tirare fuori il Paese dalle sabbie mobili; l’Europa continua ad essere un concetto astratto dove ognuno pensa ai fatti propri; la disinformazione dilaga, molti politici ci sguazzano inondando la rete di slogan indirizzati alla pancia dei cittadini, alimentandone i sentimenti più beceri ed allontanano sempre di più i moltissimi che cercano disperatamente qualcuno che sappia parlare al loro cervello.
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