Non è una biografia, ma c’è tanto di Gian Paolo Porreca, moltissimo di sé e delle persone a lui care, quelle che ha frequentato, frequenta o ha solo potuto osservare da lontano, con lo stupore e la riservata presenza dello “suiveur”. Non è un libro di ciclismo e nemmeno sul ciclismo, ma è un volume intriso di storie che lo riguardano e ci riguardano. C’è tanto di tutto, in una cronologia sparsa ma ordinata, decrescente come i capitoli di questo libro che è davvero un soffio al cuore, carico di suggestioni e di malinconia.
Sono “70 soffi al cuore” (prefazione di Francesco de Core, postfazione di Andrea Schianchi, Guida Editori, 15 €), quanti questi piccoli racconti che si lasciano leggere tutto d’un fiato e vanno a sfiorare la pelle e l’anima. Sono carezze calde e malinconiche, come la prosa di Porreca che a tratti si fa poesia. C’è tanto di Bartali e Coppi, ma anche di Ganna e Faggin, Merckx e Gimondi, Pantani e Armstrong. E non mancano i più piccoli corridori belgi e olandesi, così come i colori del Giro e del Tour. Ma anche Vinicio, Compagnone, Veronesi o Moschin. C’è tanto di Porreca e della sua famiglia, dei suoi amori e dei suoi umori. Di Napoli e Ischia: quel luogo dell’anima.
«È il mio – e pure vostro – luogo dell’anima, quel litorale dei Maronti, continente ondivago di Ischia, teso come una corsa di chitarra o di violino da accordare al tuo cuore, più forte più piano, dallo sperone di monte Cuotto, a Testaccio, al terminale accidentato ed altalenante fra la collina e il mare, fra Serrara e la Torre di Sant’Angelo. È l’anima orizzontale di un luogo, domenica popolare di agosto, che declineresti sotto il sole – ma è ancora oggi, o è solo ieri? A nomi e colori».
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