Il 4 di maggio si riprenderanno anche gli allenamenti? E se sarà possibile, quali criteri dovremo seguire? Questi gli interrogativi che stanno accompagnando la lunga attesa dei tanti appassionati ciclisti. La risposta spetterà al Coni e al Governo, non prima di aver letto la dettagliata e qualificata relazione compilata dalla squadra di esperti (una quindicina) guidata dal Guido Saracco, Rettore del Politecnico di Torino. Il dossier sarà consegnato al Coni questo pomeriggio, poi la sintesi, come è logico che sia, sarà chiaramente politica.
Il Rettore Guido Saracco, intercettato da tuttobiciweb, è chiaramente uno degli uomini più impegnati in questo momento di avvicinamento alla Fase 2. Il suo staff si è concentrato in questi giorni in uno studio che coinvolge più di 300 discipline sportive, rigidamente classificate sotto il profilo del rischio di trasmissione e contagio Covid-19. “Ognuno protegge tutti”, questo è il claim che apre il sito del Politecnico di Torino, e questo è il punto di partenza nonché di arrivo di tutto: lo sport si può fare, ma solo a condizione che si sia tutti in sicurezza.
Rettore, questo lavoro è stato intrapreso per conto del Coni?
«Chiaramente si, e abbiamo analizzato più di 300 sport per cercare di dare delle linee guida il più dettagliate possibili, sulla base di dinamica, distanza e intensità della disciplina sportiva. È evidente che gli atleti corrano un rischio molto più elevato di altri, per non parlare di quelli sport che hanno anche il contatto. Noi diamo delle indicazioni, poi non saremo chiaramente noi a dire quando e come si riprenderà. Noi forniamo un documento. Facciamo massa critica di competenza, poi la decisione sarà politica. Normalmente tutto potrà essere fatto al limite facendo un tampone nell’imminenza delle prestazioni, ma è ovvio che questo è un estremo che va toccare logiche di politica nazionale. Non sarebbe male – ed è una cosa che proporremo all’interno del documento che consegneremo al Coni - che partisse un’analisi più specifica e mirata per quelle Federazioni che vogliono capirne di più».
Sotto l’aspetto ciclistico, che idea si è fatto e quali sono le indicazioni che questo pomeriggio fornirà al Coni?
«Faccio presente che c’è una problematica di relatività. Il lavoro statico ad una scrivania non prevede un movimento relativo delle persone, il ciclismo per sua natura sì. Quindi la distanza di 10 metri quando si sta andando a 50 km/h da un punto di vista di una dispersione di un aerosol e dalla cattura dell’aerosol dal corridore che segue equivale a meno di un metro: dipende dal moto relativo di un eventuale starnuto o respiro intensivo e quindi dalla conseguente liberazione di goccioline che potenzialmente hanno una carica virale sufficiente a far ammalare un altro soggetto. Si possono ipotizzare diverse cose, come delle visiere che possano proteggere i corridori. Per le crono individuali – per esempio - non vedo problemi, ma ci sono altre criticità che ho affrontato esattamente ieri mattina con il presidente Federale Renato Di Rocco, ma come le dicevo deciderà il Coni quanto andare a fondo o riservarsi di far approfondire la questione alle singole Federazioni. In ogni caso questo è un momento di analisi e studio, quindi si può anche arrivare a pensare a dalle maschere con buona traspirabilità, ma dotate di buona filtrazione. Questo per dire che cosa? Che sarebbe il caso di sviluppare nuovi prodotti, fare dei “beta test” più approfonditi, per provare a mettersi il più possibile in sicurezza».