Pipaza. Giuseppe Minardi detto Pipaza: una persona speciale per la sua semplicità. L’ultima volta andai a trovarlo con Ivan Neri, suo amico e biografo. E come al solito Pipaza spalancò il proprio cuore. Questi appunti erano inediti e dimenticati.
COSIDDETTI “Dalle nostre parti erano tutte famiglie contadine: dopo la guerra e fino alla metà degli anni Cinquanta non esisteva la tv, e si stava a casa ad ascoltare la radio, soprattutto quando c’era il Giro d’Italia. Adesso dalle nostre parti tutti hanno, oltre alla radio, anche la tv, ma quando c’è il Giro d’Italia i ragazzi stanno fuori sul piazzale, sbattendosene i cosiddetti. Forse è colpa dell’exploit di tanto, di troppo, di tutto”.
CAVALLO “L’inizio della mia vita fu in salita. Prima morì mia sorella, poi si ammalò mio babbo. Faceva il birocciaio, il carrettiere. Presi il suo posto. Avevamo un cavallo, si chiamava Nello, comprato all’asta dopo la Liberazione, ma siccome aveva fatto la guerra, Nello era un poverino. Prima venne usato per portare via le macerie, poi per trasportare mattoni e tegole. Era un cavallo gregario”.
CATAPECCHIA “Il babbo fu portato all’ospedale. Ci rimase due anni. Alla fine l’amministrazione dell’Ospedale di Lugo ci mandò il conto da pagare. A quel tempo ogni casa aveva la sua disgrazia, e noi pure. La nostra casa era una catapecchia. E siccome non avevamo una lira, ci sequestrarono il cavallo e i finimenti. Povero Nello. Ma poveri anche noi. La verità è che non mi lasciarono il tempo per pagare. Vennero a prendere Nello per portarlo al mattatoio. Era leggerino, ma generoso. E intelligente. Infatti capì tutto: quel giorno sudava, aveva quattro dita di schiuma, e piangeva. Se solo avessimo avuto la possibilità, se solo mi avessero dato il tempo per pagare, Nello sarebbe morto di vecchiaia a casa nostra”.
DEBUTTO “Cominciai a correre da allievo, per quattro mesi, con la Baracca di Lugo, perché al mio paese, Solarolo, non c’era un bel niente. Tranne Solarolo, ogni paesino aveva un vivaio enorme, formava la sua squadretta, e tutti i ragazzini correvano in bicicletta. Erano corse tipo pista. Ma il debutto, a dire la verità, non fu eclatante. L’anno dopo passai alla Solarolese, che finalmente aveva la sua squadretta”.
CINEMA “Ci piaceva il cinema. Andavamo a Faenza, a Lugo, a Imola. Il giovedì sera e la domenica. Sceglievamo il film, poi trasformavamo l’andata e il ritorno in vere e proprie corse, pedalando su catenacci da donna che facevano ridere”.
APPUNTAMENTO “Era il 1947 quando uno sportivo mi dette una possibilità: una bicicletta Testi di Bologna con il cambio Campagnolo a bacchetta, che a quel tempo era l’ultimo grido. Ricapitolando: 1947 e 1948 nella Solarolese, 1949 con la Vilco di Bologna, Vilco dalle iniziali di Villani Costante, titolare di un’impresa di carne suina, dove feci una grande stagione. Grazie a quei risultati mi scrisse Eberardo Pavesi, direttore sportivo della Legnano. Fissò un appuntamento e mi propose di passare professionista. Accettai. Il primo stipendio fu brillante: 50 mila lire al mese, quando a un impiegato comunale ne davano 25-28 mila. Debuttai al Giro di Lombardia del 1949, poi firmai per un anno, il 1950, d’accordo che sarebbe basta una parola per confermare o sciogliere. Risultato: rimasi lì sei anni”.
SQUADRONE “La Legnano era uno squadrone. C’erano Adolfo Leoni, Renzo Soldani, Pasqualino Fornara, Virginio Salimbeni... e altri due neoprofessionisti, Giorgio Albani e Loretto Petrucci. Avevo 21 anni. Non si pretendeva che facessi il gregario. Nel 1950 feci qualche piazzamento. Nel 1951 vinsi una tappa al Giro, arrivai secondo per un centimetro dietro a Bobet e davanti a Coppi al Giro di Lombardia, e conquistai il Trofeo Baracchi in coppia con Magni”.
ONORE “Ho avuto l’onore e la fortuna di correre con Coppi, Bartali e Magni. Con loro mi sono sempre trovato bene, qualche volta arrivando prima di loro, generalmente dopo. Ma con una punta di orgoglio vorrei ricordare il Giro della Provincia di Reggio Calabria del 1954: fuga a due, io e Coppi in maglia di campione del mondo, e in volata lo battei. Il primo che incontrai dopo il traguardo fu proprio Coppi. Mi allungò la mano e mi disse ‘bravo’”.
TEMPERAMENTO “Magni, più di Coppi e Bartali, aveva il carattere. Mai visto un temperamento così: bisogna nascerci. Ricordate quando corse con la spalla rotta?”.
CACHET “Il calendario prevedeva due corse al mese, ma in quelle due corse c’erano tutti i migliori. Erano corse vere. Poi c’erano tanti circuiti tipo pista, a invito, i tre grandi più il contorno, io facevo parte del contorno. Diverse volte gli organizzatori lasciavano a Coppi e Bartali la scelta degli altri partecipanti. Ognuno aveva il suo cachet. A me chiedevano quanto volessi. Io rispondevo ‘fai te’. E loro mi davano sempre più di quello che io immaginassi o sperassi”.
DELIRIO “Quando c’erano Coppi e Bartali, mi divertivo anch’io a vedere la folla in delirio. Coppi parlava poco, Bartali non stava mai zitto”.
BORRACCIA “Fra loro, Coppi e Bartali non si passavano niente. Forse ritenevano il gesto ipocrita o imbarazzante, e comunque se non si passavano niente si sentivano più a posto con la coscienza. Così a me capitava di fare da tramite. Se si trattava di una borraccia, ne approfittavo per bere un sorso. Non si buttava mai via niente”.
(fine della prima puntata su Pipaza, domani la seconda e ultima)