Era lui, il primo a giocare. Era lui, il primo a rovesciare il mondo, capovolgere la Terra, cambiare i puntidi vista. Tant’è che era il primo lui, a stare dalla parte dei bambini, e delle bambine, dalla parte dei piccoli. Era lui, il primo a trasformare le parole in versi, i romanzi in filastroccache, i libri in canarini o rondini, le pagine in ali. Perché era il primo lui, a rendere la vta così leggera.
Quarant’anni fa, oggi, morì Gianni Rodari. Supplente, poi maestro, poi giornalista, poi scrittore. Intanto, la guerra, il Partito comunista, il matrimonio, l’editoria. E i libri per i bambini, oggi capisaldi di una letteratura che non conosce confini nel tempo e nello spazio: “Favole al telefono” (1962), per dirne uno, “Il libro degli errori” (1964) e “La torta in cielo, 1966), per dirne due, “I viaggi di Giovanni Perdigiorno” (1973), “C’era due volte il barone Lamberto” (1978) e “Il gioco dei quattro cantoni” (1980), per dirne altri tre. La lista è gigantesca.
Gianni Rodari fu ispirato anche dalla bicicletta, a suo modo un cavallo di ferro con due ali rotonde. E nel ciclismo non poteva che stare dalla parte dei più semplici e umili. La sua “Filastrocca del gregario” rimarrà insuperabile:
Filastrocca del gregario
corridore proletario,
che ai campioni di mestiere
deve far da cameriere,
e sul piatto, senza gloria,
serve loro la vittoria.
Al traguardo, quando arriva,
non ha applausi, non evviva.
Col salario che si piglia
fa campare la famiglia
e da vecchio poi acquista
un negozio da ciclista
o un baretto, anche più spesso,
con la macchina per l’espresso.
Durante il Giro d’Italia 2010, convinsi qualche valoroso gregario a recitare un verso della filastrocca. Il video per il sito Internet della “Gazzetta dello Sport” venne poi premiato al Festival del cinema sportivo di Milano.
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