Il figlio d’arte Matteo Spreafico (papà Maurizio ha corso tra i professionisti dal 1987 al 1989 nelle squadre di Ivano Fanini) ha raccontato a tuttobiciweb come sta trascorrendo la quarantena nella sua casa di Bevera di Sirtori: «Questo è sicuramente un periodo molto difficile, e lo è per tutti. Le mie abitudini durante questo mese di quarantena sono cambiate molto, mi sono adattato alla situazione ma una cosa è certa: la fatica in bici rimane sempre la stessa. Dopo i primi giorni di assestamento sui rulli, sono riuscito a ricreare la mia routine quotidiana, con la speranza che questa brutta situazione possa risolversi il prima possibile e si torni alla normalità».
Come sta gestendo gli allenamenti?
«Devo ammettere che non amo particolarmente i rulli, ma ormai mi ci sono abituato. Già lo scorso anno, quando il 13 di agosto sono caduto nel corso della prima tappa della Vuelta a Burgos riportando la rottura dei tendini di due dita che hanno richiesto un intervento chirurgico, nonostante il tutore mi sono sempre tenuto in forma pedalando sui rulli, anche solo solamente per scaricare un po’ di tensione nervosa. Durante questa quarantena sto alternando le pedalate, che faccio due volte al giorno, agli esercizi a corpo libero. Grazie a Zwift gli allenamenti risultano un po’ più divertenti ed il tempo sembra passare più velocemente, ma pedalare all’aria aperta è sicuramente tutt’altra cosa. Mi sento un leone in gabbia, ma come giusto che sia mi sono adattato alle norme che ci sono state imposte dal governo».
Sta riscoprendo nuovi hobby che la frenesia delle corse le aveva fatto accantonare?
«Tutti noi corridori siamo spesso lontani da casa. In questo periodo mi sto godendo molto la famiglia ed insieme ci dedichiamo anche alle faccende domestiche: sembrano piccolezze ma in realtà sono momenti di grande condivisione. Il sabato, per esempio, è il giorno della pizza fatta in casa ed il lunedì invece quello delle pulizie. Ho riscoperto anche il piacere di mangiare tutti insieme, solitamente quando sono in stagione ho le mie tabelle con i miei orari che seguo in modo molto meticoloso. Poi sto guardando molti film, che sono da sempre una mia passione, quindi non posso dire di averla riscoperta, ma mi aiutano a tenere le giornate occupate, soprattutto la sera. In alternativa leggo qualche libro, cosa che non mi è facile fare durante la stagione».
Come si immagina la ripresa?
«Bella domanda. Penso che ormai questa finirà per essere una stagione di transizione. È difficile porsi obiettivi e fare programmi: mi immagino una ripresa lenta e graduale. Spero però che le ripercussioni di questo periodo possano essere anche positive. Forse è anche arrivato il momento di pensare ad un ciclismo diverso, visto che il nostro mondo è da sempre tradizionalista. Ci sono altri sport che hanno saputo andare oltre la tradizione, creando qualcosa di diverso, per diventare ancora più appetibili. Secondo me il ciclismo è lo sport più bello del mondo, ma sui può fare ancora meglio. È da sempre lo sport della gente, quello per cui non esiste un biglietto da pagare. È comunque lo sport della strada, che ti passa sotto casa, ti riempie il cuore e poi sfila via».
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