Anche il ciclismo si è dovuto arrendere al Covid-19 e ha abbassato la saracinesca. Tutto bloccato dalle grandi corse dei professionisti a quelle nazionali, regionali e provinciali delle categorie giovanili, al momento bloccate fino al 3 aprile, poi si vedrà...
Della situazione anomala e di come è iniziata la stagione, la quinta tra i professionisti, ne parliamo con Davide Martinelli. Il ventiseienne che vive a Lodetto di Rovato nel Bresciano vanta due successi nelle corse in linea tra i pro’ e diverse nelle cronometro e competizioni a squadre, da quest’anno è approdato all’Astana Pro Team, società dove il papà Giuseppe (detto Martino) è da diverse stagioni direttore sportivo. Il «diretto di Lodetto», come lo chiamano i suoi tifosi, si trova a Calpe, nella Spagna meridionale, dove si sta allenando sperando di poter presto tornare a firmare il foglio di partenza di una corsa.
Come stai vivendo il momento?
«E’ qualcosa di strano, di anomalo e molto preoccupante. La salute è la prima cosa, il ciclismo viene dopo. Il momento è delicato e bisogna porsi delle priorità e bisogna essere bravi a gestire la situazione. Appena hanno cancellato le prime corse, sono andato in Spagna a Calpe, zona che conosco molto bene per via dei tanti ritiri fatti con la squadra, e ci sono percorsi adatti agli allenamenti. E’ una scelta individuale la mia, ne ho parlato naturalmente con l’Astana, e anche loro erano d’accordo. Al momento qui non ci sono i problemi che purtroppo ci sono in Italia, nella Lombardia in particolare, e quindi mi sto preparando per le corse che verranno. Quando e dove nessuno lo sa. In queste situazioni capisci che ci sono cose più importanti del ciclismo».
Tra le corse sospese c’è anche quella per gli Esordienti di domenica 29 marzo, la classica che si corre nella frazione Lodetto di Rovato, praticamente a casa tua, alla quale sei sempre stato presente se non eri impegnato in gare.
«Mi è dispiaciuto moltissimo. E’ però una scelta obbligata e, come ho già detto, la salute è la prima cosa. Il ciclismo mondiale, quello del World Tour, alla fine ne risentirà di meno rispetto al ciclismo dei giovani. Mi metto nei panni di un Under 23, del terzo o quarto anno, che si è preparato a puntino tutto inverno per giocarsi forse l’ultima possibilità di passare tra i professionisti. E adesso col blocco si trova in una situazione dove non sa cosa fare: allenarsi sì ma per programmare cosa? E la preparazione mirata è fondamentale per farsi trovare pronto agli appuntamenti. Non so cosa pensare: è una sorta di anno zero, una stagione storpiata».
Pochissimi mesi e pochissime corse. Ma il tuo impatto con la nuova squadra, l’Astana Pro Team, come è stato?
«L’inizio è stato un po’ particolare, mi sono ammalato nella prima breve gara a tappe che ho fatto il Saudi Tour 2020 a inizio febbraio e mi sono dovuto ritirare alla quinta tappa. Poi ho partecipato alla La Volta ao Algarve dal 19 al 23 febbraio in Portogallo. Diciamo che l’idea era di iniziare la stagione con già una buona condizione e poi aumentarla corsa dopo corsa per arrivare ad essere al top negli appuntamenti importanti come le Strade Bianche lo scorso 7 marzo o la Tirreno-Adriatico dall’11 al 17 marzo. Purtroppo è andata così e questa emergenza ha scombussolato tutto. Ho fatto qualche piazzamento (16° e 15° nella seconda e terza tappa in Arabia Saudita e 18° nella terza tappa in Portogallo, ndr), ma tutto era finalizzato alle corse ora annullate. L’unica cosa certa è che chi ha già vinto qualche corsa, adesso come adesso ha praticamente salvato la stagione».
Come ci avevi detto quest’inverno cambiando squadra è cambiato anche il tuo ruolo. Come ti sei trovato a ributtarti nelle volate invece che pilotare il velocista di turno?
«Qualche piazzamento l’ho fatto, potevo anche fare meglio ed entrare qualche volta nei top ten. Avendo lavorato per anni a supporto del velocista ora devo ritrovare il feeling col momento giusto dove prendere il vento e uscire dalle ruote di chi sta davanti. Nei dilettanti ero abituato a farlo, ora dopo questi anni tra i prof molto meno, e quindi ho bisogno di lavorarci sopra. L’Astana è una squadra principalmente di scalatori, ci sono pochi passisti e devi fare un po’ da solo e non hai nessuno che ti possa lanciare. Ma questo si sapeva e uno dei miei compiti è di provare a fare la corsa nelle gare di un giorno o nelle tappe impegnative chiaramente non in salita».
Dopo quattro stagioni alla Deceuninck-Quick Step qual è il cambiamento che stai trovando all’Astana?
«E’ una squadra top level così come lo era la Quick Step. La differenza è che l’Astana ha come focus i Grandi Giri e quindi si prepara la stagione per arrivare al meglio della condizione per quegli appuntamenti. Qui vivo più sereno, non si corre ogni giorno per la vittoria così come facevamo alla Quick Step che era improntata soprattutto sulle corse in linea, tutte dalla grandi Classiche alle altre. All’Astana sto vivendo dinamiche mai vissute prima, come ad esempio correre per vincere la classifica generale, come è successo all’Algarve per Lopez».
Hai già avuto modo di correre avendo papà in ammiraglia?
«No, l’esordio non c’è ancora stato. Doveva essere nelle corse di inizio marzo in Italia ma sappiamo come è andata a finire. Per me è un complotto (e ride...) non ci riusciamo proprio. Ma prima o poi succederà!».
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