Matteo Trentin avrebbe dovuto essere al via della Parigi-Nizza, che si sta disputando in questi giorni nonostante le restrizioni imposte dal governo francese a causa dell’emergenza legata al Coronavirus. Il corridore, classe 1989 originario di Borgo Valsugana, ha appoggiato la scelta della sua squadra (il Team CCC) di non partecipare alla Corsa del Sole.
Lo abbiamo raggiunto telefonicamente a Sierra Nevada, dove attualmente si trova in ritiro con la squadra per un periodo non ancora ben definito: «Dovrei stare qui fino a domenica prossima, ma è tutto work in progress. Anche noi, a seguito delle vicissitudini legate al Covid-19, non abbiamo programmi certi».
Parliamo un po' di lei: qual è stata la sua prima corsa tra i professionisti?
«L’Eneco Tour nell’agosto 2011».
La prima vittoria nella massima categoria?
«Nel 2013 al Tour de France. Ho vinto la 14esima tappa, quella con arrivo a Lione: è stata una grande emozione, una di quelle che ti rimangono nel cuore per sempre. Aggiungo che è una di quelle vittorie che ti fanno diventare anche un po’ più grande».
Qual è il suo ricordo più bello sin qui?
«Devo dire che ce ne sono tanti. Ammetto però che la vittoria all’Europeo, il 12 agosto 2018, ha un posto particolare. È stato qualcosa di speciale, una vittoria differente dalle altre, con un sapore diverso».
Quello più brutto, invece?
«La Parigi-Roubaix 2018, quando mi sono rotto la schiena. Ma da momenti come quello ho imparato a rialzarmi più forte di prima. Anche dai periodi più bui c’è sempre qualcosa da imparare, non mi sono mai perso d’animo e ho continuato a lottare per i miei obiettivi».
Qual è la sua corsa preferita?
«Non ne ho una in particolare. Le Classiche mi piacciono molto, ma anche il Tour de France della passata stagione è stata una grande corsa».
Dopo due stagioni in cui ha difeso i colori della Mitchelton-Scott, ha firmato un contratto biennale con la CCC: come si vive all’interno della squadra?
«Mi trovo bene, c’è un bel clima e l’accoglienza da parte di tutti è stata ottima. È una grande squadra e sono certo che insieme faremo un bel percorso e ci toglieremo delle grandi soddisfazioni».
I grandi atleti imparano molto dalle sconfitte. Cosa le ha insegnato il Mondiale di Harrogate?
«Che non tutte le ciambelle vengono con il buco - ride -. Non tutte le storie hanno sempre un lieto fine. Dalle sconfitte si impara sempre».
Quali sono gli obiettivi per questo 2020?
«Sono soddisfatto per come è andato l’inizio di stagione. Ma in questo momento, a seguito del Coronavirus, gli obiettivi passano in secondo piano. È difficile capire quando e dove si correrà, e se lo si farà. È una situazione che muta radicalmente giorno dopo giorno, non è semplice fare programmi. Si vive alla giornata. Bisogna cercare di restare sereni e soprattutto essere positivi».
Lei è sempre molto attento alle cose del ciclismo e non ha fatto mancare il suo appello a chi pedala in bicicletta.
«L'ho detto e lo ripeto: fermatevi un attimo, avrete tutto il tempo per uscire in bici nei mesi a venire! Non rischiamo per un capriccio di finire ad occupare un letto che serve ad altri in questo momento. E speriamo che queste privazioni possano portare a un futuro migliore: rispetto, piú bici, piú salute!».
A Trento, sulle strade di casa, l’Europeo. Ha guardato il percorso? Le piace?
«È un bel percorso, mi piace. Secondo me sarà duro abbastanza per rendere la vita difficile ai velocisti ma nel contempo lascia spazio a soluzioni differenti».
Se non fosse stato un ciclista, sarebbe stato...
«Sinceramente non saprei. Ho sempre fatto il corridore, all’inizio era un gioco poi è diventata una passione ed il lavoro che amo».
Immagina un futuro sportivo per i suoi figli, Giovanni e Jacopo?
«Decideranno loro, verranno supportati in qualsiasi loro scelta, nello sport e non. L’importante è che siano felici. Io e la mia compagna Claudia seguiremo insieme i loro sogni».
Ha un sogno nel cassetto?
«Sarebbe bello prendermi una rivincita del Mondiale di Harrogate. Per il resto non posso lamentarmi, ho una famiglia stupenda: con Claudia, Giovanni e Jacopo stiamo bene ed è tutto quello che mi basta. Sono completo così».
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