Il ciclismo, così come il resto dello sport e più in generale tutti i settori della vita, va in cerca di risposte riguardo alla crisi del coronavirus, risposte che in questo nessuno è in grado di dare.
Basti pensare che alla diversità dei termini degli stop imposti nei vari Paesi: l'Italia ha chiuso tutto fino al 3 aprile, la Francia ha vietato gli assembramenti con più di 1000 persone fino al 15 aprile (quindi compresa la Roubaix, in programma il 12....), la Spagna per ora ha chiuso le porte solo al calcio per due settimane ma la Volta a Catalunya resta in dubbio... E si tratta solo di qualche esempio.
Il mondo del ciclismo guarda anche al futuro e per bocca del suo numero uno Davdi Lappartient, presidente dell'Uci, esprime una grande preoccupazione: «L'eventuale cancellazione di Giro d'Italia e Tour de France a causa del coronavirus sarebbe un disastro per il ciclismo - ha detto all'agenzia Reuters - ma i due mesi che mancano alla corsa rosa potrebbero avere delle conseguenze positive sulla diffusione del virus. Speriamo naturalmente che le due corse possano avere luogo nelle date naturali. Ma, in considerazione soprattutto della situazione in Italia, siamo preoccupati un po' di più della sorte del Giro. Conosciamo la decisione del governo italiano, che blocca l'attività sportiva fino al 3 aprile. Ma chi può sapere quale sarà la situazione dopo quella data? C'è il rischio potenziale che il Giro possa essere cancellato».
Ovviamente rischi minori, ma non del tutto assenti, per il Tour de France in programma a da fine giugno a metà luglio.