Quinto giorno senza libertà per le quattro squadre partecipanti all'UAE Tour ancora costrette a rimanere nell'hotel di Abu Dhabi dove le autorità locali le hanno bloccate per l'allarme coronavirus. Mentre ieri si è risolta la questione dei circa 270 componenti, tra organizzazione e media, della carovana della corsa emiratina, continua la permanenza forzata di tre team, a cui si aggiunge la UAE che si è autoimposta (chissà sotto quali pressioni, ndr) la quarantena e, per lo meno, ha la possibilità di pedalare sui rulli.
Roberto Damiani, team manager della Cofidis, confinata insieme a Gazprom Rusvelo e Groupama al quarto piano dell'hotel Crowne Plaza Abu Dhabi Yas Island, cerca di pensare positivo e si aggrappa all'immagine di Nelson Mandela che campeggia sullo schermo del suo computer portatile. «Anche al secondo tampone siamo risultati tutti negativi al Covid-19. Questa mattina la situazione sembrava essersi sbloccata tanto che avevano detto ai meccanici di iniziare a preparare le bici e tutto il materiale per la partenza, ma una volta scesi in garage li hanno rispediti nelle loro camere. Continuano a ripeterci che vogliono farci tornare nei nostri paesi di provenienza in salute, ma non siamo malati» ci racconta il tecnico confinato insieme a un'altra ottantina di persone.
L'australiano Nathan Haas, che ieri ha ironizzato postando un simpatico video in cui spiegava come lui e i suoi compagni stanno cercando di tenersi in forma durante la quarantena, racconta di una situazione surreale: «Quello che ci rende nervosi è l'assoluta mancanza di notizie: c'è un uomo in giacca bianca al nostro piano che continua a dirci di non preoccuparci, ma non sa dirci nulla. La gestione di queste ultime casistiche è paradossale: sabato, dopo le prime negatività, tutte le squadre hanno mangiato insieme al buffet e poi domenica hanno lasciato andare gli altri nonostante la necessità di nuovi controlli».
La tensione, comprensibilmente, sale. Via twitter lo spagnolo Josè Herrada chiama in causa RCS Sport (anche se loro centrano ben poco, visto che per questo tipo di problemi il tutto è gestito dal servizio sanitario locale, ndr), braccio organizzativo della corsa emiratina: «Continuiamo a essere isolati senza alcuna spiegazione. Vi riempite il portafoglio con questo genere di corse e quando emergono dei problemi non siete in grado di risolverli. Questa è la globalizzazione del ciclismo». Dal canto suo Mauro Vegni con il suo staff, rientrato ieri con non poche difficoltà in Italia, sta continuando a monitorare la vicenda per quanto nelle sue possibilità. Stesse accuse vengono mosse dai corridori all'UCI e in particolare al presidente David Lappartient, che per ora non si è espresso sul caso pubblicamente.
L'ulteriore accertamento è stato voluto dal ministero della salute locale in seguito ai sintomi influenzali accusati da due atleti della Gazprom nella sera di sabato e che ha portato al "fermo" anche delle altre squadre che si trovavano sul loro piano. Ormai dovrebbe essere questione di ore perchè corridori e personale ricevano il semaforo verde per il ritorno a casa, ma visto la mancanza di informazioni certe nell'arco di tutta questa vicenda l'uso del condizionale è d'obbligo.