Tirare, sudare, osare, rilanciare, volare: tutti infiniti, come Mario Cipollini, che per anni è stato l’uomo delle volate e della velocità. L’uomo che non ha mai amato le mezze misure e per questo è stato ribattezzato SuperMario, anche se ora è Mario, senza alcun superlativo e senza effetti speciali. È stato fermato, dimezzato e rallentato nei movimenti a causa di un cuore che ha scoperto quasi per caso di essere maledettamente ballerino, quindi malato.
Due interventi, uno qualche settimana fa presso gli Ospedali Riuniti di Ancona, per un intervento programmato di ablazione transcatetere di una fibrillazione atriale che si spera possa essere risolutivo. Nella sua ultima parte di carriera Mario aveva avuto episodi di fibrillazione atriale, cioè un ritmo non coordinato della parte alta del cuore. Da quel momento in poi il problema si è ripresentato più volte ma nell’estate scorsa sono comparsi anche nuovi sintomi. Mario ha chiamato il dottor Roberto Corsetti, cardiologo e medico dello sport, amico del corridore di vecchia data, che l’ha fermato da buon padre, ma soprattutto da ottimo medico.
«Eravamo ai primi di ottobre, ero impegnato per un serie di pedalate in favore della Fondazione per la Ricerca della Fibrosi Cistica presieduta da Matteo Marzotto, grande amico e appassionato di ciclismo – ci racconta l’iridato di Zolder 2002 -. Con me diversi corridori, tra i quali Massimiliano Lelli e Fabrizio Macchi. Giornate intense e belle piene, fatte di chilometri e incontri, convegni e visite ai malati: dalle otto di mattina alle otto di sera. Poi, nel mezzo, anche qualche “scozzata”, come diciamo noi toscani. Qualche bella accelerazione agonistica, perché quando si è stati atleti, atleti si rimane. Volate a tutta sul filo dei sessanta all’ora. Fin quando un giorno, nel momento del massimo sforzo, sento ancora che qualcosa non va. Ahi, penso, avrò mica una coronaria ostruita? Chiamo Roberto Corsetti il quale non solo mi fa scendere di bicicletta, ma mi riporta con i piedi per terra. Dopo qualche accertamento di routine ad Ancona mi hanno sottoposto ad uno studio invasivo endocavitario con multipole biopsie che hanno portato alla diagnosi di miocardite, una patologia che se non diagnosticata in tempo può essere letale. Ai primi di febbraio poi, sono stato sottoposto a un’ablazione transcatetere sempre dall’equipe guidata dal professor Antonio Dello Russo. E già che c’erano hanno anche studiato l’infiammazione della parte bassa del cuore (i ventricoli, ndr) colpita dalla miocardite».
E adesso come va?
«Molto meglio, grazie ad uno staff medico di eccezione e ad un amico come Roberto (Corsetti, ndr) che è stato fondamentale in tutto questo percorso di conoscenza e recupero. Ora non vedo l’ora di arrivare a fine marzo per tornare a fare qualcosa, per risalire in bicicletta. Prima però c’è da superare a fine di marzo una serie di severi test da sforzo (presso il Centro B&B di Imola, ndr) e poi una nuova risonanza magnetica cardiaca ad Ancona con il dottor Schicchi. Alla luce dei referti degli esami Roberto Corsetti e Antonio Dello Russo spero possano darmi davvero il via libera per tornare almeno a pedalare un po’».
SuperMario costretto al riposo è già di per sé già una notizia…
«È così. Quando Corsetti mi ha comunicato quello che potevo avere e che da quel momento in poi dovevo assolutamente fermarmi, non le nascondo che mi sono sentito vinto. Ho provato un senso di sconfitta e di vulnerabilità mai provato prima. Poi però mi sono subito detto: eh no Mario, quello che ti sta accadendo è nulla rispetto a chi è chiamato davvero a toccare con mano la sofferenza vera. Il mio problema rispetto a delle patologie importanti è nulla. Anche se in questa occasione ho compreso bene il significato dell’adagio: fin quando c’è la salute…».
Quale è stato il momento più difficile?
«Quando Corsetti mi ha detto che da quel momento in poi dovevo solo stare tranquillo a casa. Seduto in poltrona. Basta allenamenti. Basta palestra. Basta girovagare come un ossesso. Di colpo mi sono trovato davanti al fatto di dover cambiare il mio modo di vivere. Improvvisamente, da uomo iperattivo e sportivo come pochi, mi sono trovato a fare il pensionato. Fino a quel momento la mia giornata tipo era scandita da mille impegni che ho come imprenditore e da molta attività sportiva. Giornata tipo? Bella colazione al mattino, poi tre orette di bicicletta di buona lena. E per buona lena intendo 300/350 watt in pianura a 40/42 km/h di media. Poi a casa. Pranzo e lettura giornali. Un occhio alle mail e organizzazione del lavoro per le cose che abitualmente seguo (Cipollini sono anche un marchio di biciclette, ndr). Infine, verso le 17, altre due ore di palestra: spalle, gambe, braccia, glutei… Insomma, a 52 anni non era male come programma. Di colpo mi trovo con il pigiamino, sul divano, a riposarmi. Ma lo dovevo e lo devo fare, perché con la miocardite non c’è da scherzare e bisogna fare molta attenzione, per evitare che ti restino danni permanenti».
C’è qualcuno che deve ringraziare?
«Senza ombra di dubbio lo staff medico dell’ospedale Torrette Lancisi di Ancona, così come Corsetti, ma anche il sottoscritto ha la sua dose di merito. Essere stato un atleta di alto livello è servito per imparare a conoscersi e a sentirsi. E quando io ho avvertito la sensazione aritmica del mio muscolo cardiaco sono stato bravo a chiedere immediatamente aiuto. Ecco, quello che voglio dire ai tanti appassionati, donne e uomini che oggi vanno in bicicletta, è proprio questo: imparare a conoscervi e a sentirvi: ma non esitate a controllarvi e a farlo da professionisti bravi. Tenetevi monitorati, con la salute non si scherza. Io sono uno che era abituato ad andare a 100 all’ora, ma ho imparato a procedere anche a 20. Ero SuperMario, ma oggi i superlativi non mi interessano più. Non cerco più la velocità, ma il piacere del viaggio. L’importante è alzarsi dal divano». Come a dire: per il pigiamino c’è tempo.
da Il Giornale
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