Nel nuovo velodromo di Londra, inaugurato proprio in quell’Olimpiade del 2012, c’era sempre il pienone. ‘Fortunato lei che può entrare: qui non si trova un biglietto neanche a pagarlo il doppio’, dicevano i passeggeri dei mezzi pubblici ai giornalisti accreditati che viaggiavano col pass olimpico al collo. C’era il pienone anche di vip in quel meraviglioso impianto: i rampolli reali Harry e William con relative compagne, il primo ministro dell’epoca Tony Blair e quello attuale Boris Johnson, quell’anno sindaco della città, oltre a nobili di vario rango. Compreso sir Paul McCartney: posizionato in curva, venne pure invitato a cantare insieme al pubblico ’Hey Jude’, la canzone dei suoi Beatles che introduceva le premiazioni.
Una sera, sulle tribune, sbucò anche Kobe Bryant, trascinato dallo spirito olimpico che ti fa apprezzare qualsiasi sport, indipendentemente dalla passione. Si presentò da solo e seguì quasi l’intero programma della giornata, dalle qualificazioni alle finali. I tabloid inglesi avrebbero poi scritto che in realtà era in compagnia di una nuotatrice australiana, Stephanie Rice, vincitrice di tre ori a Pechino nel 2008: pochi giorni prima, quando il campione dei Lakers si era recato con la famiglia a seguire le gare di nuoto, si era fatta una foto con lui e l’aveva postata su Twitter. Vero o no che fosse, Kobe al velodromo passò l’intera giornata, magari ricordando di quando aveva imparato a pedalare. Anche questo accadde nei suoi anni italiani e proprio ad una bici è legato uno degli aneddoti di quel periodo: a Pistoia, una delle città in cui giocò suo papà Joe, il piccolo Bryant scommise col presidente che si sarebbe fatto riprendere in diretta Rai mentre asciugava il campo durante l’All Star game. Vinse la scommessa e come premio ricevette una mountain bike rossa: si sarebbe poi divertito ad usarla sulle nostre strade, fra un allenamento e l’altro di basket.
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.