Caro Direttore,
la lettura dell'articolo di Mariagrazia Nicoletti ieri su tuttobiciweb mi ha spinto ad una riflessione che le voglio proporre.
Un noto attore e teatrante figlio di Romagna qualche annetto fa mise sulle scene un personaggio, genuino e ruspante ancorchè paradossale, che aveva una sorta di parola d'ordine: "FATTI, NON PU… ETTE!". Il termine che ho in qualche modo censurato, in qualunque territorio del Bel Paese sta a significare un... godibile modo di trastullarsi, anzichè di darsi da fare o, meglio ancora, di lavorare. Insomma, e qui non censuro un bel nulla giacchè è ormai forma verbale sdoganata nel comune linguaggio, un cazzeggiare del tutto inutile e senza concludere alcunchè.
Marino Amadori, romagnolo doc di Forlì, è la prova vivente di come, del tutto lodevolmente e meritoriamente, nel proprio modo di essere e di dedicarsi ad un'attività non facile com'è quella di Commissario Tecnico delle cosiddette "leve dilettantistiche" del ciclismo nostrano, si possano anteporre i fatti alle chiacchiere. Credo si contino sulle punte della dita le occasioni in cui Marino abbia messo in piazza il proprio lavoro, esternando (oggi si dice così ?) sia la sua funzione che i risultati conseguiti ad uso e consumo dei media e del pubblico degli appassionati. Se si vuole, è un romagnolo sui generis: di poche parole, con una rara ed apprezzabile riservatezza parte integrante della sua indole non estroversa, disinteressato del "personaggio", poco propenso naturalmente ad auto-pubblicizzarsi o celebrarsi.
Da ex professionista esperto, navigato e soprattutto apprezzato (chi non ricorda il Marino più volte in maglia azzurra, sempre uomo di leale sacrificio per i capitani di turno, francamente ben poco capisce di ciclismo, ed ancor meno lo ama!) , preferisce di gran lunga la strada e, da bravo maestro, "stare" costantemente con i suoi ragazzi-discepoli, piuttosto che... esibirsi a favore di taccuini o telecamere. Anzi, a dirla tutta, è proprio nei momenti difficili e in presenza di critiche tanto feroci quanto, per la gran parte, "incompetenti" o pretestuose al lavoro suo e ai suoi atleti, che rammento di aver visto Marino Amadori darsi al pubblico, sempre in toni e modi pacati ma determinati, per difendere in primo luogo la fatica dei suoi corridori e, con altrettanta capacità di analisi oggettiva, giustificare mancati risultati.
Non certo perchè mi onoro di essergli amico ho espresso queste personali convinzioni , ma perchè sono dell'avviso che, oltre ad un'imprescindibile competenza e passione ciclistica, un vero Commissario Tecnico e Selezionatore del Settore Dilettantistico, cioè di potenziali nuove leve dello stesso movimento ciclistico Professionistico, debba, prima di tutto, dimostrarsi uomo pronto ad accollarsi anche "oneri e responsabilità" di tutti coloro dei quali è insieme “capo" e “tutore". Alla fin fine , essere quel che un tempo si definiva un galantuomo: e Marino Amadori ha dimostrato di esserlo a pieno titolo.
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