Sei tappe. La più breve: tredici chilometri. La più lunga: quasi trentasei. Totale: centosessanta. Da fare nel più lungo tempo possibile: se possibile, anche in una settimana. Non è una camminata, anche se si potrebbe fare, e non è una corsa, anche se potrebbe esserlo, per esempio, una corsa nel tempo. E’ il giro del Muro di Berlino.
Federico Meda ha scritto “Il Muro di Berlino: istruzioni per l’uso” (Ediciclo, 176 pagine, 13,50 euro), una guida, un manuale, un dizionario, un saggio, un prontuario, una lettura e una rilettura, un viaggio nella città divisa e poi aperta, un laboratorio di geografia, un’officina di storia, un centro di umanità da respirare, studiare, abitare, anche solo per quella settimana da vivere in bicicletta. Trent’anni dopo la sua caduta, Meda inquadra il Muro partendo dalla cronologia, codificandolo con un abbecedario, attraversandolo con i racconti di chi lo ha conosciuto giorno dopo giorno e anno dopo anno, ricordandolo tra fughe e musei, libri e film, infine dedicandosi al giro in bicicletta.
Da Hennigsdorf a Mauerpark: 35,7 km. Da Mauerpark all’East Side Gallery: 13,1 km. Dall’East Side Gallery a Gropiusstadt: 23,8 km. Da Gropiusstadt a Griebnitzsee: 35,8 km. Da Griebnitzsee a Staaken: 33,9 km passando da Potsdam o 32,7 da Wannsee. E da Staaken a Hennigsdorf: 20,2 km. Una nuova terra, un altro territorio, cercando vestigia ancora intatte. Come il Friedrich-Ludwig-Jahn-Stadion, impianto costruito nel 1951 per la terza edizione del Festival mondiale della gioventù e degli studenti, diventato il campo della Berliner FC Dynamo e V, conosciuta come la squadra della Stasi, capace di vincere dieci scudetti consecutivi tra il 1979 e il 1988. Come la Porta di Brandeburgo. Come il Checkpoint Charlie. Come quel tratto dopo Spandau nel bosco. Come quel tratto della ciclabile Berlino-Copenaghen.
“E’ solo grazie alla ciclabile del Muro – scrive Meda -, realizzata tra il 2002 e il 2006 dalla Grun Berlin GmbH, società a partecipazione governativa, costo intorno ai 4,5 milioni di euro, e ai suoi cartelli ‘Berliner Mauerweg’ che si riconosce l’originario itinerario di quei 160 chilometri di fortificazioni dentro e fuori la città che rendevano i settori francese, inglese e americano un’isola all’interno del territorio della Ddr”. L’autore sostiene che Berlino “divide: c’è chi si innamora al primo sguardo dell’atmosfera, della vita notturna, dei parchi e della semplicità con cui si vive e chi la trova bruttina, un po’ sporca, mai all’altezza degli alti standard cui hanno abituato Monaco, Amburgo e le altre grandi città tedesche”. Ma non ha dubbi: “Il lascito del Muro è anche questo: una città in perenne cambiamento che vanta diverse facce e anime”.
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