Mario Cipollini ha il ciclismo nel sangue, e ama parlarne. È una passione. Una necessità quasi fisiologica. Lui è fatto così: preciso, puntuale e capace di analizzare tutto nei minimi dettagli come quando era corridore, e adesso che è imprenditore e si occupa di pensare e in certi casi ripensare le biciclette (le Cipollini), beh questo modo di essere gli torna molto utile.
La corsa degli azzurri ha toccato le corde della passione del campione del mondo di Zolder. Lui come ognuno di noi ci aveva fatto la bocca buona. Ci aveva creduto: Matteo l’aveva già visto fasciato con i colori dell’iride. «E se lo sarebbe meritato tutto, perché aveva fatto fino a quei 200 metri finali un mondiale eccezionale – spiega a tuttobiciweb il più grande velocista italiano di tutti i tempi -. Eccezionale lui e tutti i ragazzi azzurri, che hanno interpretato una corsa strepitosa. Nulla da ridire: Davide Cassani ha avuto la forza e l’intelligenza di allestire una squadra che è stata davvero squadra, come nelle migliori tradizioni della nostra scuola».
Però per Mario quel finale ha una spiegazione e non è riconducibile ad un solo un problema di gambe. «Lo ripeto, Matteo è stato pazzesco, ma probabilmente nel momento in cui si è staccato Mathieu Van der Poel – il favorito numero uno – e ha capito che in quel drappello il più forte era lui, probabilmente nella sua mente è subentrata la paura di sbagliare, più che la stanchezza per una corsa al limite della sopportazione. La tensione che l’ha portato a bruciare tutto. Di colpo è entrato in una realtà che l’ha logorato. La consapevolezza di essere super favorito l’ha quasi bloccato: nella volata finale sembrava quasi in trance, poco cattivo e dopo il traguardo nemmeno un cenno di disappunto. Era impenetrabile, come se non fosse lì. Mi ha colpito anche un’altra cosa: a 6 km dal traguardo Marco Velo lo avvicina per dirgli che ormai la corsa è fatta, se la giocheranno loro. Matteo resta impassibile, neanche un cenno. Nulla di nulla. Non voglio fare lo psicologo da tre soldi, ma penso di conoscere discretamente bene certe situazioni. Quante volte Matteo si è trovato in carriera con questa pressione addosso? Ne sono quasi certo: se quella volata la ripete altre 110 volte le vince tutte e 110. Ma quel giorno la tensione, l’ha bruciato. La testa gli ha giocato un brutto scherzo. Un conto è la possibilità di vincere, un’altra la consapevolezza di non poter più perdere. Cambia la vita». Così parlò Mario Cipollini.