Gianni BRERA. A-Z. Il grande giornalista padano avrebbe compiuto oggi cent’anni. Era nato l’8 settembre 1919 a San Zenone Po, in provincia di Pavia, «padano di riva e di golena, di boschi e di sabbioni». Giornalista e scrittore, appassionato di sport, letteratura e gastronomia, ha segnato con i suoi neologismi, un nuovo modo di raccontare lo sport. Non so se abbia mai seguito una Vuelta (non credo), ma certamente ha scritto tanto di ciclismo e di Fausto Coppi in particolare (coscritto, del quale cadrà il centenario domenica prossima) ma anche di Felice Gimondi, “nuvola rossa” o “Felix de Mondi”. È stato un sopraffino uomo di lettere, non certo di numeri. Quindi per lui oggi nessun voto (come potrei), ma solo un alfabeto, per ricordare le tante parole da lui create ed entrate con il tempo nel linguaggio quotidiano. Spero che la cosa possa essere gradita, con la speranza che Gioanbrerafucarlo non se ne abbia troppo a male, a costo di apparire ai suoi occhi “sbirolo”, aggettivo che coniò per definire un passaggio sbilenco. Anche se alla fine preferirei essere definito “abatino”, termine settecentesco – spiegò lui medesimo – riferito a omarino fragile ed elegante, così dotato di stile da apparire manierato. Lo affibbiò a Gianni Rivera, ma anche a Livio Berruti, anche se il primo ad essere così etichettato fu Giorgio Albani, buon corridore e poi leggendario tecnico Molteni al fianco di Eddy Merckx, come Claudio Gregori (voto 9), collega attento e scrupoloso, documentò con un suo personale studio qualche anno fa. Insomma, sarei in buona compagnia: ma è meglio non allargarsi.
Sepp KUSS. 10. Fra cinque giorni compie gli anni e rifila il cinque ad una infinità di tifosi. Il corridore americano coglie la quinta affermazione in carriera, la prima in un Grande Giro e lo fa in una tappa bella e vera. Non fa “melina”, nel senso che non sta lì ad aspettare o a perdere tempo, ma nonostante ci sia da proteggere capitan Roglic, lui prende e va. Lo vedono sul traguardo, per la festa.
Ruben GUERRERO. 8. Tutto il giorno all’attacco, alla fine il 25enne portoghese della Katusha difende con i denti la piazza d’onore. Da buon “cursore”, sulla rampa finale si infila e non lascia più passare il bravissimo Tao.
Tao GEOGHEGAN HART. 8. Il 24enne britannico della Ineos strappa un buonissimo terzo posto in una tappa tutt’altro che semplice e facile, anche se negli ultimi metri prova a “zompare” su Guerrero, che gli chiude però la porta, facendolo infuriare.
Mark PADUN. 8. Tra i giovani emergenti c’è anche questo ragazzotto 23enne kazako del Team Bahrain. Ha stoffa e carattere. Mi piace un sacco. Non fa “pretattica” e “pennella” linee magiche.
Primoz ROGLIC. 10. Quello del Giro era ostinatamente ottuso, qui alla Vuelta è semplicemente “euclideo”: intelligente e lucido, capace di disegnare trame geometriche di assoluto valore.
Miguel Angel LOPEZ. 5. Ci si attendeva una risposta piena e completa. Il colombiano che ha fin qui subito troppo la corsa, tra amnesie ed errori, cadute e ricadute, non si riprende ma lascia. Si pensava potesse andare in “contropiede”, definizione che Brera coniò per spiegare un rapido rovesciamento di fronte dopo l’interruzione di un’azione avversaria, ma perde le ruote e anche il confronto diretto con Pogacar.
Nairo QUINTANA. 4. Dall’“ammiraglia” – anche questo termine coniato da Brera -, gli arrivano ben poche indicazioni, lui nelle gambe ha ancora meno.
Tadej POGACAR. 8. Non è certo un “fighetta” (bello da vedere ma inconcludente): è tosto che basa il suo credo sul “forcing” (attinto dal gergo pugilistico statunitense). È un corridore vero. Purtroppo anche lui sloveno.
Marc SOLER. 6. Va all’attacco, come è sua abitudine, in maniera anche un po’ sfrontata e plateale. Per Brera sarebbe stato atleta “tripallico”, uomo con attributi, opposto di apallico, capace però di “uccellare” – ingannare beffardamente – non solo gli avversari, ma anche i propri compagni di squadra. Diciamo che lui è – calcisticamente parlando – un “libero”, uomo deputato a difendere senza obblighi di marcatura. Ecco, Soler è uomo che sembra non avere obblighi.
Alejandro VALVERDE. 9. Non c’è dubbio alcuno, Brera l’avrebbe definito “intramontabile” definizione da lui coniata per definire un atleta destinato a durare ed essere ricordato nel tempo. Questo è uno dei neologismi di cui era più orgoglioso, al pari di “incornata”, usato per coloro i quali colpivano il pallone con movimento simile a quello del toro che s’avventa sul torero. In questo caso, Don Alejandro è stato a volte toro e altre torero: ma che “incornate”. Ma Valverde è chiaramente anche un grande “goleador”, termine coniato da una crasi tra gol e matador.
La VUELTA. 5,5. Anche oggi, tutto sommato, spettacolo così così. Perché le corse le fanno pur sempre i corridori con le loro squadre, e qui alla Vuelta di qualità ce n’è davvero pochina. Insomma, tanta “gnagnera”, per dirla sempre con Gioanbrerafucarlo, per definire una trama di gioco o di corsa noiosa.