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Caro Direttore,
potrei dire , se ci fosse da scherzarci su, che la materia del contendere è... bollente. Inutile girarci intorno: nel ciclismo, più che in ogni altra disciplina sportiva, alla donna è sempre stata riservata, senza che vi fosse fondamento alcuno, una considerazione a dir poco "denigratoria". Non era certo il Medioevo quando ancora si ammoniva, anzi si ordinava, ai corridori di... lasciar perdere le donne, viste come démoni tentatori in grado di stroncare financo la carriera di un ciclista. Poi, quando ci si è resi conto che per un Uomo-Ciclista assumono fondamentale importanza per la stessa attività sportiva e professionale - a tacer d'altro - l'equilibrio e la serenità che solo l'amore, la comprensione e la dedizione di una donna al fianco possono darti, allora ci si è messo di mezzo, o di traverso, il fatto che nel ciclismo, uno degli Sport "Maschili" per eccellenza, avessero fatto irruzione proprio le donne .
Venne il tempo, a questo punto, di una malsana ironia e del sarcasmo feroce, in un campionario di espressioni alquanto vario: dall'ordinario "...ma dove mai vogliono andare queste donne in bicicletta!..." , ad oltraggiosi e squallidi epiteti condensati in espressioni di gratuita volgarità. Se proprio devo dirla tutta, non mancano ancora oggi gli imbeciili... a ruota libera. Resta il fatto, incontestabile, che il ciclismo, anche professionalmente esercitato, non è ormai da anni esclusivo monopolio maschile. Anzi: per restare a noi, grandi risultati sono stati conseguiti dalle Atlete-Cicliste d'Italia, ed in alcune specialità (come la Pista) ribaditi e consolidati a livello internazionale e mondiale. Dunque, come cantava la Raffa nazionale, «Viva le donne...» che si sono guadagnate il titolo di colonne anche nello Sport del Pedale.
Ora, proprio in questi giorni, alla luce di notizie di stampa articolate ed all'apparenza documentate e persino suffragate da riscontri testimoniali, quanto di bello, di prestigioso e d'importante si è meritatamente guadagnato il settore femminile del ciclismo sta proprio correndo il serio rischio di essere mandato... a donne allegre. Da anni, dico da anni e non "da qualche tempo", parrebbe che in molti - anche all'interno delle stesse Istituzioni Sportive ciclistiche - fossero a conoscenza, più o meno precisa e dettagliata, di episodi che vedevano soprattutto giovani cicliste essere oggetto di condotte che, a termini normativi e volendo dare alle cose il loro giusto nome, costituivano e sono vere e proprie molestie sessuali. Delitti, perchè di questo si tratta, infamanti, per i quali il Legislatore ha riservato, particolarmente in recenti ed innovativi articolati di legge, un trattamento sanzionatorio di particolare severità e rigore. Ovviamente, qualora tutto trovi pieno accertamento investigativo ed incontestabile prova giudiziale. Ma il dado, o se si preferisce il sasso, credo sia ormai stato tratto e scagliato: ritrarre proprio ora la mano, o fare finta di voler vedere fino in fondo, limitandosi invece a guardare con malcelati fastidio ed irritazione, quando non anche apparente protervia e presunzione, sarebbe l'ennesima violenza in danno delle donne, che siano o meno cicliste!
Se solo fossimo un Paese serio (credo che in questo attributo vi siano insegnamenti e valori validi per sempre), con quanto dato in pasto all'opinione pubblica e già reso, più o meno dettagliatamente, di pubblico dominio, quelle che formalmente - e nonostante tutto - si continuano a definire "le Autorità competenti", nella specie gli Organi di Procura sia della Giustizia Ordinaria che Sportiva-Federale, avrebbero dovuto già dare tempestivamente corso alle incombenze proceduralmente prevedute in presenza di situazioni del genere, gravi e di estrema delicatezza. Senza dover propinarci alcun proclama preventivo, per di più farcito di ovvietà ed inutili luoghi comuni, le cui finalità tutto sono fuorchè espressione di una risoluta volontà di chiarire ed accertare... l'effettivo stato delle (brutte) cose pubblicamente portate alla luce. Non lo si dimentichi: per come la vedo io, ci sono chiare dichiarazioni di denuncia che vedono le nostre ragazze del ciclismo vittime di quei comportamenti che l'antico gergo della malavità definiva - non tanto erroneamente - delle infamità. Se ne terrà conto, senza troppi MA o deprecabili SE ?
Cordialmente.