Mike TEUNISSEN. 10. Il velocista che non ti aspetti, ma che non esita a provaci. Ma la Jumbo Visma ha sia un piano B che C, visto che dopo la caduta di Gronewegen, c’è Van Aert. Ma il 26enne olandese, ex iridato del cross tra gli under’23, non si fa pregare e con un colpo di reni fenomenale trafigge nientemeno che Peter Sagan. È un Tour lotteria, che nel finale rimescola il gruppo e la Jumbo – che un anno fa era sponsorizzata dalla lotteria olandse -, con i numeri ci sa ancora fare e tira fuori dal bussolotto il numero 87, quello di Teunissen, che fa davvero un numero.
Peter SAGAN. 7. Che gli vuoi dire? Fa tutto quello che le sue gambe gli dicono e gli consentono di fare. Perde per poco, ma perde. Ma non è un dramma.
Vincenzo NIBALI. 7. Arriva il tratto di pavé e il siciliano è la davanti con i migliori, nelle prime dieci posizioni, come del resto Egan BERNAL (voto 7). Nel finale si becca una spallata da Groenewegen, e resta miracolosamente in piedi. Va bene così.
Caleb EWAN. 4. È un arrivo che gli si addice parecchio, e dà anche l’impressione di farlo suo, ma poi sbrocca e finisce per prendere a spallate il povero Elia. È probabile che il nostro non averebbe fatto una volata per la vittoria, ma per il podio si. Secondo me, l’australiano meritava di essere sanzionato.
Giacomo NIZZOLO. 7. Voto alto per un corridore che alla vigilia neanche era menzionato. Lui sornione lascia dire e fare, poi sprinta. È il migliore degli italiani, con un più che onorevole quarto posto. Non c’è da brindare, ma un caffè lo si può sicuramente offrire, in attesa delle prossime tappe, e degli stuzzichini.
Sonny COLBRELLI. 6. Buonissima volata, condizionata da un finale complicato, dove il bresciano deve recuperare posizioni su posizioni. Parte giusto, ma ad un certo punto le gambe si gonfiano di acido lattico. Troppo sforzo prima, non consente molto potenza dopo. Si deve accontentare.
Michael MATTHEWS. 5,5. Era uno degli uomini più attesi, e stecca.
Matteo TRENTIN. 5,5. Deve carburare, e conoscendo Matteo presto carburerà.
Elia VIVIANI. 5. I suoi se lo perdono, o lui perde i suoi: il risultato è che ognuno fa la volata come vuole e come può. Elia ad un certo punto si trova anche spalla spalla con il vincitore, ma Mike ha chiaramente qualcosa di più.
Alexander KRISTOFF. 5. Resta dietro, sempre.
Greg VAN AVERMAET. 8. Il campione Olimpico di Rio 2016, vincitore di una Parigi-Roubaix e tante altre corse di un certo peso e livello (l'E3 Harelbeke, la Gand-Wevelgem, due volte la Omloop Het Nieuwsblad, la classifica generale della Tirreno-Adriatico, oltre a due tappe al Tour de France), centra il suo primo obiettivo di questo Tour. C’è un muro da scalare, lui lo conosce anche piuttosto bene e sul Muro, quello di Grammont, appende la sua bandierina. Alla fine, sul palco delle premiazioni sfila con giustificata soddisfazione con la prima maglia a “pois” degli scalatori.
Jakub FUGLSANG. 7. Cade a meno di venti chilometri dal traguardo. Brutta botta per il danese, autentico mattatore di primavera. Picchia la testa e perde sangue dal sopracciglio. Il danese fnisce per le terre, ma alla fine medica la situazione. Uscire subito dal Tour, sarebbe stato un brutto colpo.
TOUR de France. 4. Non è stato bello vedere al Giro la EF con gran parte della maglia rosa che si confondeva con quella di leader, ma anche il Tour non scherza: la Jumbo Visma e Dylan Gronewegem sognano la maglia gialla, ma di giallo ne hanno in abbondanza. Gli organizzatori non potevano chiedere agli olandesi di cambiare i colori della loro maglia? Proprio un bel modo di festeggiare il compleanno della maglia gialla (cento anni dalla sua nascita), proprio un bel modo di renderla visibile. Chissà chi ha deciso questa autentica follia... giallo su giallo.
Stephane ROSSETTO. 8. Il gruppo torna compatto, e il corridore della Cofidis (oggi attivissima e presente come nessun’altra: voto 7), torna al vento. Transita da solo all’ombra del leone di Waterloo. Ma oggi il leone è lui.
Natnael BERHANE. 7. Il 28enne corridore eritreo era uno dei corridori africani più attesi, anche se alla fine quello che prometteva, non ha mantenuto. Buon scalatore, capace di vincere una Tropicale Amissa Bongo e il Giro di Turchia, il ragazzo della Cofidis, dopo soli 5 km entra nella prima fuga di questo Tour (con Xandro Meurisse della Wanty-Gobert; Mads Wurtz Schmidt della Katusha-Alpecin e Greg Van Avermaet della CCC Team): sanno che ce poco da fare in questa tappa inaugurale per velocisti, ma si danno da fare. Lo stesso.
Chris FROOME. 11. «Chris Froome è uscito dall’ospedale giovedì e per la prima volta ha messo il piede a terra». La notizia la dà direttamente il team manager dell’Ineos Dave Brailsford, a margine della conferenza stampa che idealmente ha aperto il Tour della squadra più ricca e attrezzata del mondo. Infortunatosi lo scorso 12 giugno al Delfinato durante la ricognizione della crono, il britannico ha riportato diverse fratture, tra cui quella del femore (esposta). «Chris adesso continuerà il suo recupero a casa, a Montecarlo». Per Chris un Tour verso il recupero: questa la sfida dell’estate.
BRUXELLES. 10 e lode. Una città a dimensione di Tour, senza disagi e rallentamenti. Tutto fila via bene, con assoluta eleganza. Una macchina maestosa e imponente, che accoglie e si celebra. Bruxelles e il Belgio hanno messo sul piatto 10 milioni di euro (esclusi i costi della sicurezza e della pulizia). In totale dicono di aver investito 20 milioni di euro, ma sono certi di un ritorno di 60. Qui c’è la cultura per il ciclismo, qui tutti sanno tutto di tutti. In Italia faticano a riconoscere Viviani, qui lo inseguono con cartoline e magliette per un selfie, gridando il suo nome. È un altro mondo: io resto qui.
Eddy MERCKX. 12. Per chi non lo conosce può sembrare eccessivamente scostante e distante, in realtà il Cannibale è una delle leggende dello sport più modeste e riservate che ci siano. All’apparenza sembra annoiato, in verità è solo pudore, come ieri quando è stato ricevuto dal Re. Mostra la maglia gialla con la faccia di chi è pronto nuovamente a scattare per andare in fuga, da solo. Le sue parole non sono parole di circostanza, ma la cifra umana di un uomo che non si è mai preso troppo sul serio, e suo malgrado è divenuto leggenda. «Io il più grande di sempre? Non so, forse tutte queste celebrazioni sono anche esagerate, non so se le merito. Io sono stato un buon corridore, forse il più grande della mia epoca. Ma se mi dite cosa penso del Tour che mi celebra, e di una nazione che si è fermata per applaudirmi, io non so proprio che dire». Ha detto tutto: di sè.
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