“Il Tour de France è l’estate. L’estate che non può finire, il caldo meridiano di luglio. Nelle case si chiudono le persiane, la vita rallenta, la polvere danza nei raggi di sole” (Philippe Delerm, “La prima sorsata di birra”, Mondadori). Si rinuncia all’aria aperta, ma ci si apre davanti alla tv o ai libri. Anche questi tre: non recenti, pennellano la Grande Boucle.
- Giacomo Pellizzari, “Gli italiani al Tour de France” (Utet, 2018, 224 pagine, 15 euro)
Il primo è Ottavio Bottecchia, l’ultimo Vincenzo Nibali. Il più duro è Gino Bartali, il più grande è Fausto Coppi. Il più sognatore è Fiorenzo Magni, o forse no, il più sognatore è Fabio Casartelli. Il più freddo è Gianni Bugno, il più caldo Claudio Chiappucci. Undici campioni italiani in Francia e quindici storie (Bottecchia, Bartali, Coppi e Pantani raddoppiano), raccontate, romanzate, spesso dettate in prima persona. Pellizzari interpreta, ricama, intarsia corridori e corse, sentimenti ed emozioni, voli al traguardo e volti sull’asfalto, anche volti al traguardo e voli sull’asfalto. Lui stesso vola.
- Davide De Zan, “Pedala!” (Piemme, 2017, 238 pagine, 18 euro)
Papà Adriano lo introdusse nel mondo del ciclismo: le leggende e i misteri, i campioni e i gregari, le strade e le montagne. Dopo “Pantani è tornato”, stavolta Davide De Zan racconta se stesso: con Tano Belloni che lo andava a prendere alla scuola elementare, con Faliero Masi che gli mostrò l’officina dentro il Vigorelli, con Antonio Maspes che gli insegnava l’arte del pistard, con Vittorio Adorni che lo invitò a una cena di pesce, con Felice Gimondi che gli raccontava dei duelli con Eddy Merckx e gli confidava che “se potessi tornare indietro rifarei tutto. Rivivrei ogni istante. Anche ogni sconfitta”.
- Peter Sagan, “My World” (Mondadori, 2018, 237 pagine, 19 euro).
Le storie autobiografiche del tre volte campione del mondo, rivelate a cuore aperto, così come è il suo modo di fare e di correre. Ricchissime di aneddoti. Come quella volta che riparò un copertone della bici di Oscar Gatto, la prima volta strappando un po’ di nastro adesivo dall’impugnatura del manubrio, la seconda volta spaccando una borraccia vuota e infilando il pezzo di plastica in quello che restava della gomma bucata. Sagan torna anche sulla mai digerita squalifica al Tour 2017, spiegando la sua versione: “Il mio gomito che sporge non è la causa, bensì la conseguenza di quel contatto” con il freno sinistro di Mark Cavendish.
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