Per capire che ha vinto lo devi vedere sul podio con tanto di maglia tricolore sulle spalle. Appena tagliato il traguardo non solo è l’immagine della stanchezza, ma dello sconforto. Non è contento, non è soddisfatto, Filippo Ganna in cuor suo pensa di non aver disputato una prova super. Poi oltre alle sensazioni ci sono i numeri, e questi dicono che Filippo è stato il più bravo di tutti. Poche storie.
«Al mio primo italiano, in un clima infernale come quello di oggi, Gianni Moscon mi aveva tirato via il numero. Io con il grande caldo soffro sempre, e oggi ero davvero all’estremo. Sono riuscito ad ottenere un grande risultato, nonostante in partenza non mi sentissi benissimo, a mio agio. Questo è un premio al grande lavoro svolto in queste settimane, dove anche mio padre ha avuto un ruolo fondamentale, venendo più volte in vespa a darmi morale. Oggi mi è andata bene».
Gli chiedono di Bettiol, e Filippo con quel suo sorriso da bravo ragazzo che oggi ci appare più uomo, più maturo e cresciuto, riconosce la grande prestazione del grande sconfitto. «È stato bravissimo e per me è stata davvero durissima. Gli ho dato un’amarezza, ma con Alberto siamo amici, siamo stati in vacanza a Zanzibar assieme, e ci sarà modo di festeggiare ancora tante cose: sia lui che io».
Poi gli chiedono quando sia cambiato quest’anno, con il suo passaggio in Ineos, l’approccio con le cronometro. «Abbiamo apportato tante modifiche, che mi hanno consentito di essere molto più performante in bicicletta. È chiaro che questo è solo il primo step, c’è da lavorare sempre di più e sempre meglio, ma in questo team mi sento a casa mia. Mi preservano, consentendomi di crescere gradualmente. Spero che questo lavoro possa dare i suoi frutti e possa essere tradotto in una convocazione in azzurro per i campionati europei e i mondiali. Mi piacerebbe riportare l’Italia ai massimi livelli anche nelle crono su strada, non solo su pista. Vorrei riportare l’Italia dove l’aveva portata Adriano Malori. Se mi sento con lui? Ogni tanto. I consigli di un grande campione, fanno sempre comodo e piacere. Si cresce grazie all’aiuto di tutti».
Poi c’è un sorriso, per quello che verrà. «Fino a fine luglio starò a casa con la famiglia e con la mia morosa (Carlotta, ndr)».
Poi ci sono anche le lacrime, di commozione. «Per arrivare qui, siamo passati davanti ad un Autogrill, dove qualche anno fa mi venne a prendere Giancarlo Otelli, che oggi non c’è più…». La voce si spezza, l’emozione prevale su tutto. Giusto il tempo per singhiozzare un’ultima cosa: «Se sono qui con questa maglia è grazie a tutte le persone come lui, che ti hanno fatto crescere. Che ti hanno dato qualcosa». Quanto manca anche a noi Giancarlo.
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