Sono mille le storie che il Tour de France ha scritto dal 1903 ad oggi. Storie di imprese e di campioni, storie di tracolli e di crisi, di polvere, di cadute, di montagne assassine e di vento, di pietre e di neve. Storie uniche, a volte anche incredibili, se rilette ai giorni nostri.
Ne abbiamo scelte dieci dedicate a corridori che per un sol giorno hanno indossato la maglia gialla. Non sono uomini da record, ma sono accomunati da una storia tutta da scoprire. A cominciare da quella di Max Bulla.
C’erano gli «Assi» e i «touristes-routiers» e non serve troppa fantasia per capire che questi ultimi erano considerati corridori di serie B e servivano soprattutto per fare numero, anche se era un bel numero, visto che parliamo di quasi mezzo gruppo.
Nel 1931 i «touristes-routiers»pedalavano senza la minima assistenza, tollerati appena dal grande patron della corsa Henri Desgrange. Erano quasi tutti avventurieri, parvenu, pazzi che si lanciavano in una avventura senza futuro. Quasi tutti, dicevamo. Perché tra loro ogni tanto finiva un ciclista di talento come Max Bulla, corridore austriaco che pagava l’unica colpa di non avere connazionali di valore tale da giustificare la presenza della sua selezione al via della corsa.
Max Bulla era corridore vero, era stato protagonista al mondiale del 1929 cedendo solo per un’errata scelta di rapporti contro Ronsse e Binda (giunse ottavo) e nel 1930 si era piazzato nono al Giro di Germania e terzo al Campionato di Zurigo.
Al Tour 1931, Bulla come detto è nel gruppo dei «touristes-routiers» che gli organizzatori lasciano partire ogni giorno dieci minuti dopo gli «Assi» con l’obiettivo di non creare disturbo.
La seconda tappa di quel Tour parte da Caen e sulla strada verso Dinan e la Bretagna (212 i chilometri da percorrere) tre «touristes-routiers» riescono nell’impresa di raggiungere i più forti, di andare all’attacco e di giocarsi la vittoria. Il successo sorride a Max Bulla che batte il parigino René Bernard e il normanno Adrien Van Vierst. Per Bulla, c’è anche la maglia gialla a coronamento di una giornata indimenticabile.
L’indomani sulle colonne che redige quotidianamente per il giornale l’Auto, Henri Desgrange lo descrive così: «Abbiamo avuto la fortuna di seguire Bulla nel suo sforzo. È un ragazzo armonioso, ben equilibrato, ben posizionato in sella, pedala rotondo, senza che lo sforzo rovini la bellezza del movimento. Ha una figura distinta e occhi maliziosi, intelligenti, che parlano per lui che non conosce una sola parola della nostra lingua. È davvero gradevole l’aspetto del nuovo padrone della maglia gialla».
Belle parole, ma la sostanza non cambia: nonostante la maglia gialla sulle spalle, Bulla prende il via per la terza tappa - che porta a Brest - nel gruppo dei disperati, scattando con dieci minuti di ritardo dai migliori. Il colpo della seconda rimonta consecutiva non gli riesce, la tappa va all’italiano Fabio Battesini, la maglia gialla al francese Leon Le Calvez.
Ma Max Bulla non mollerà e in quel Tour vincerà altre due tappe a Marsiglia e a Aix-les-Bains, chiudendo la corsa al quindicesimo posto. Con un rimpianto per quella maglia gialla che ha dovuto subito cedere e che da allora nessun corridore austriaco è mai più riuscito ad indossare.
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