Il suo ritorno in patria: l’Italia. Il suo ritorno alla vita: la bicicletta. Il suo ritorno alla passione: il ciclismo. Il suo ritorno alla professione: il corridore. Il suo ritorno al futuro: la vittoria.
“Coppi 1945, una primavera a Roma!” è il libro che non c’era: dall’11 novembre 1944, quando sbarca a Napoli dalla Tunisia, al 18 novembre 1945, quando vince il circuito di Ospedaletti davanti ad Adolfo Leoni e – ma pensa – Gino Bartali (che poi avrebbe sostenuto di averlo favorito come regalo di nozze). Un periodo finora oscuro, incerto, vago. E che invece Giampiero Petrucci e Fabio Bellisario hanno illuminato con questa ricerca per Edizioni Eraclea (164 pagine, 13 euro, con prefazione di Beppe Conti e introduzione di Antonio Buccioni).
Coppi: militare di leva dal 21 marzo 1940, di stanza nella Caserma Passalacqua di Tortona, 38° Reggimento di Fanteria, matricola 5628. Coppi: trasferito nei primi mesi del 1943 da Alessandria a Modena, Roma, Napoli, Sicilia, e dal 7 marzo 1943 in Tunisia, in prima linea contro gli inglesi, e dal 13 maggio 1943 prigioniero degli inglesi. Coppi: cooperante (titolo attribuito a chi rinnegava il fascismo), dall’11 novembre 1944 a Napoli, poi a Caserta, nel campo della Raf (Royal Air Force), come attendente del tenente Ronald Smith Towell. Ed è qui che Coppi rinasce: il 9 gennaio 1945, a Caserta, incontra l’ex compagno di squadra Pietro Chiappini, l’artigiano di biciclette Edmondo Nulli, il fotografo Carlo Martini (quello della borraccia) e il giornalista Osvaldo Ferrari (del “Corriere dello Sport”), giunti da Roma sulla macchina di (e con) Michelino Ciocci. Risultato: una bici (Nulli, appunto, dopo la Legnano procuratagli dal falegname Giuseppe D’Avino grazie alla raccomandazione del calciatore Umberto Busani e all’appello di Gino Palumbo sulla “Voce”), una squadra (la Società Sportiva Lazio), uno stipendio (ma sono, per tutti, tempi magri) e un calendario (quello del 1945). La prima corsa, il 25 febbraio: il campionato campano di ciclocross a Grumo Nevano, interrotto per invasione del pubblico sul campo di gara per festeggiarlo, anche se, a corto di allenamento, era già stato staccato. E la prima vittoria, il 27 maggio: la Coppa Salvioni (Roma-Castelgandolfo) davanti – ma pensa – a Bartali.
E’ un Coppi prima kaki (il colore della divisa della Raf) e blu (il colore del cappotto, sempre della Raf), poi arancione (il colore della maglia della Nulli). E’ un Coppi grato e stupito anche di tanto affetto, interesse, calore. E’ un Coppi che dorme sui divani dei salotti (a casa di Chiappini) o in una camera (a casa di Nulli). E’ un Coppi che gareggia nel motovelodromo Appio a Roma, nel Trofeo Matteotti a Pescara (per trasportare i corridori si allestisce un torpedone con partenza da Roma alle cinque e mezzo del mattino), nel circuito di Milano al Parco Sempione. E’ un Coppi già capace di battere tutti nel circuito di Lugano, ma anche di perdere contro il dilettante Zaurino Guidi nel Giro del Lazio. E’ un Coppi umano.
In “Coppi 1945” c’è altro: la storia di Nulli, da manovale a corridore, poi meccanico, imprenditore, sponsor; le vicende della Lazio, non solo calcio e ciclismo, ma anche pallanuoto e rugby; le avventure degli altri protagonisti, da Armando Latini detto “Lardone” a Primo Volpi detto “Pinocchio”; perfino le figurine che ritraggono Coppi e le cartoline che Sandrino Carrea indirizza a Gino Bailo e firmate non solo da Fausto, ma anche da Geminiani, Petrucci, Magni, Martini, Pezzi… Un libro di storia del ciclismo, ma anche d’Italia. Senza voli pindarici, ma con il rigore degli archivi.