B come borraccia. Nel senso di contenitore di liquidi. Nel ciclismo serve per l’acqua: da come corrono certi atleti, c’è il sospetto che qualcuno la utilizzi anche per il prosecco. Viene usata anche per gli scambi: di solito chi ne ha una piena la fornisce a chi l’ha vuota, quando succede il contrario si chiama scherzone. Di passaggi della borraccia ce ne sono anche in corsa: fra campione e campione, fra gregario e gregario, fra campioni e gregari o viceversa, fra ammiraglie e corridori ma non viceversa. Alcuni di questi gesti sono passati alla storia, su tutti quello di Coppi e Bartali, oltre mezzo secolo fa: ancora non si è capito se fosse una borraccia e chi l’abbia data a chi, tipico caso da Var. A quello scambio è stato paragonato quello di pochi giorni fa sul Mortirolo, quando Ventoso ha allungato la sua borraccia a Nibali che stava sopraggiungendo alle sue spalle: niente di storico, in Spagna quando arriva qualcuno gli offrono subito da bere. Meno cortesie ci sono state qualche giorno fa, quando all’arrivo uno dei tanti cacciatori di souvenir ha provato a recuperare una borraccia togliendola dalla bocca dell’austriaco Haller, che aveva appena tagliato il traguardo stringendola fra i denti: a seguire, un altro tipo di scambio. Di vedute.
C come Cima. Nel senso di Damiano, corridore della Nippo Fantini. Fratello di Imerio, nome che ricorda un ex del passato, Massignan: quando è nato lui, i genitori si sono ispirati a Cunego. Passerà alla storia non per aver vinto a Santa Maria di Sala, ma per come ha vinto: dopo 172 chilometri di fuga, ha anticipato di un metro la rincorsa dei velocisti, furiosi per esser riusciti a superare il Mortirolo e non questo tipo di Cima. Nell’attuale Giro è andato all’attacco più di tutti, 932 chilometri di fuga per la precisione, tanto che sul computer della bici gli si è accesa la spia del tagliando. Si è mosso tutti i giorni, preferibilmente con Frapporti e Maestri, con cui ha messo su una bella compagnia di Giro: con loro torna in albergo, va a cena e, nel giorno libero, a fare shopping o al cinema, preferibilmente film d’evasione. Sono così affiatati che il giorno in cui ha vinto la tappa, vedendo che Frapporti non era entrato nella fuga, voleva fermarsi, temendo gli fosse accaduto qualcosa. E’ di quelli che, quando gli dai la libera uscita, si mette al lavoro e parte: nella vela si direbbe che gli mollano la cima. In squadra lo descrivono fortunato con le carte, perché ogni sera pesca regolarmente la più alta nel sorteggio su chi andrà all’attacco l’indomani: qualche dubbio gli è venuto solo il giorno che in un cestino ha ritrovato un mazzo di soli assi. Racconta di andare in fuga per dare visibilità alla squadra prima che cercare le vittorie, confida di andare a caccia soprattutto per passeggiare col cane e di esser contento anche se non prende nulla: probabile che in discoteca gli basti ascoltare un po’ di musica o in pasticceria di vedere gli altri mangiare i dolci. Adesso che ha vinto una tappa, ha tolto tutte le perplessità sulle sue qualità: nel suo caso, le ha fugate. Alla sua età, in questo ciclismo rischia di diventare una presenza fissa, non fugace. C’era d’aspettarselo: quando un ciclista conCima, prima o poi traCima.
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