Quando vinse il Giro di Lombardia del 1938, il sorriso sghembo, il ciuffo ribelle, la faccia da Sudamerica. Quando si aggiudicò la Tre Valli Varesine del 1940, superando per un niente Mario Ricci, grazie a un colpo di reni da consumato pistard. Quando trionfò nella Milano-Sanremo del 1943, in via Cavallotti, in volata sul compagno di squadra Glauco Servadei, superando un nastro steso sull’asfalto e tenuto a mano da un addetto in giacca, cravatta e cappello, gli altoparlanti attaccati ai pali della luce.
Quando nel 1939 fu ritratto con Alfredo Martini, seduti a un tavolino, con i pantaloni corti, in un borgo che sa di estate e di Toscana. Quando nel 1950 parlava con Fausto Coppi, seri, impegnati, concentrati. Quando nel 1954 fondò l’Associazione dei corridori con Fiorenzo Magni, Gino Bartali, Luigi Casola e lo stesso Coppi, un’aria di alleanza e complicità. Quando nel 1975, al Salone del ciclo di Milano, strinse la mano a Felice Gimondi, orgoglioso, e poi illustrò una novità a Francesco Moser, convincente.
Cino Cinelli: corridore, dirigente, costruttore. Se non un genio, quasi. Come sapeva anticipare nelle volate, così lo avrebbe fatto anche nei telai o nei manubri. “Cino Cinelli: alle origini del Campione” è la mostra allestita a Montespertoli (Firenze) nel Loft 17 di via Sonnino 19, fino al 2 giugno. Diciannove fotografie e una selezione delle creazioni di Cinelli, da un esemplare della sella Unicanitor a un reggisella Nitor, da una coppia di pedali M71 a un modello di Supercorsa anni Settanta. Gemme, diamanti, tesori di una vita romanzesca. Cino era il settimo di dieci figli, e come settimo, secondo la tradizione, gli erano attribuiti poteri magici. Guariva i malati, scacciava il malocchio, benediva i raccolti. Nel 1996 andai a Chianciano a intervistarlo. Mi raccontò storie che avrebbero riempito libri di storia, prima che di ciclismo.
Per esempio: “Io ho conosciuto la vita attraverso lo sport e le ho applicato le stesse regole. Prima regola: la correttezza. Mio padre mi diceva sempre: ‘La legge è legge’. Anche in corsa esiste una sola parola: se prometti di aiutare un compagno, devi aiutarlo; se prometti di tirare la volata, devi tirarla; se prometti di dare una mano in salita, devi darla. Vietato fare i furbi. Anche se poi, strada facendo, scopri che è la tua giornata, che non senti la catena, che vai come una moto. Seconda regola: spendere un soldo in meno di quello che si guadagna, altrimenti si rischia di saltare per aria. Anche in corsa: se vai a tutta, rimani a secco; se manchi un rifornimento, ti ritrovi in croce. Bombe, le presi due volte: simpamina più stenamina. ‘Non si dorme – mi diceva Bini – ma ci si sente dei leoni’. Macché: la sera dormivo tranquillamente e in corsa mi sentivo tale e quale, e la fatica era la stessa. Così feci a meno delle bombe. Invece la bici, il mangiare e il bere mi facevano stare bene. Al Giro, invece di dimagrire, aumentavo di un chilo, un chilo di muscoli. Nella Granfondo ricevetti una bottiglia di birra, ero così stanco e assetato che la mandai giù in un attimo, e da quel giorno la birra mi è sempre stata amica. E pensare che Tano Belloni raccontava che a lui davano la birra per dormire durante le Sei Giorni, nelle due ore in cui pulivano la pista. Terza e ultima regola: dare, dare senza pretendere, perché a dare non si sbaglia mai, e qualcosa, o qualcuno, tornerà sempre indietro. E se si dà, la notte si dorme più sereni”.
Ma per ricordare Cinelli, sarebbe sufficiente solo questa storia. Campionato italiano di inseguimento del 1942, al Vigorelli: pochi minuti prima della finale Fausto Coppi cadde, Cinelli offrì di rimandare il confronto, attese tre mesi, perse di poco e poi, invece di recriminare, ammise: “Ha vinto il migliore, il più degno del titolo”.
CINO CINELLI
ALLE ORIGINI DEL CAMPIONE
Esposizione organizzata dal Comune di Montespertoli con la collaborazione di Cinelli Vintage
Inaugurazione sabato 11 maggio, ore 10.30 - 12.30
Loft 19 - via Sonnino 19 - Montespertoli (FI)
(11 maggio – 2 giugno 2019)
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