A come Androni. Nel senso di Mario, sponsor principale dell’Androni. Varesino di Angera, è titolare di uno dei marchi più longevi del ciclismo, essendo in gruppo da oltre un decennio: per lui, produttore di giocattoli, la bici è diventata un bel gioco. E’ anche uno degli sponsor più discreti: rare le interviste, ancor meno le comparsate, è della razza di coloro che preferiscono essere e non apparire. Da quando è entrato, non è mai uscito dal giro, anche quando l’hanno lasciato fuori dal Giro: ha capito lì che il ciclismo non è il paese dei balocchi. Così è tornato costruendo formazioni che fanno notizia, per come corrono e per come vincono: quando il gioco si fa duro, eccetera eccetera. Pochi sanno che Androni è un uomo profondamente religioso: quando il Giro è arrivato a San Giovanni Rotondo, ha chiamato un amico chiedendogli di accendere un cero a Padre Pio, al quale è devoto. Gli ha domandato questo favore, senza pensare alla corsa: gli uomini di fede fanno così. In difficoltà, adesso, c’è invece l’amico che l’ha accontentato: siccome la tappa l’ha vinta un corridore dell’Androni, tutti i team lo stanno cercando perché dica una preghiera anche per loro.
U come uffici stampa. Nel senso di responsabili alle comunicazioni. Ne hanno almeno uno tutte le squadre, anche se non sembra: ce ne sono alcuni che ancora faticano a collegare le parole ‘addetto’ e ‘stampa’ e si rivolgono a tutti fuorchè ai giornalisti. Anche se non sembra, svolgono un compito molto più impegnativo rispetto al passato, perché nell’era dei social bisogna stare attenti a cosa dice e a come si dice: bei tempi quando i ciclisti se la cavavano con un bel ‘ciao mama’. Molti di loro devono accompagnare gli atleti del team negli incontri ufficiali con la stampa e non solo: c’è pure chi li deve scortare quando vanno al foglio firma. E’ il caso di Geoffrey Pizzorni, fedelissimo di Vincenzo Nibali, prontissimo a obbedire allo Squalo quando gli ha chiesto di restargli vicino anche nel tragitto dal bus al raduno di partenza: il dubbio di aver risposto troppo in fretta gli è venuto nel vedersi consegnare bicicletta e casco d’ordinanza. Così per lui la corsa è doppia e le interviste (di Vincenzo, non le sue) si rivelano la parte meno dura: prima gli tocca percorrere tratti di svariati chilometri, magari sotto il diluvio o con il vento contrario, in qualche caso anche con pendenze da Mortirolo. E’ quello che meglio di chiunque altro capisce i rivali di Nibali, perché sa a cosa vanno incontro: quando li sente dire che seguire Vincenzo non è facile, spesso risponde ‘non raccontatelo a me’. Tanto che, quando i suoi dirigenti gli hanno chiesto di affiancare Nibali anche al Tour, non ha aperto bocca: si è girato ed è schizzato fuori dall’albergo a gambe levate, buttando bici e casco.
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