E come elettrico. Nel senso di Giro alternativo, parallelo a quello vero. E’ il Giro E, che in ordine d’importanza viene ovviamente dopo il Giro A, quello di Roglic e Nibali, per intenderci: ancora non è stato deciso quando e come organizzare il B, il C e il D. Si corre con biciclette a pedalata assistita e vi partecipano i cicloamatori, in squadre occasionalmente rinforzate da personaggi dello spettacolo, dello sport ed ex ciclisti: alcuni vengono invitati perché vanno ancora come fulmini. Non ci sono limiti di età, tanto che una tappa l’ha corsa persino il glorioso pistard e tecnico Nico De Lillo, anni 82: tornare in sella per lui è stata come una scossa. In gara si utilizzano soltanto bici a induzione elettrostatica: da come procedono alcuni concorrenti, c’è il sospetto che ne esista anche una versione statica. Per partecipare, l’unico requisito richiesto è la passione: si vuole evitare che arrivi gente scarica. Di ogni tappa, vengono fornite notizie e classifiche in rete: elettrica, ovviamente. Ogni iscritto non è considerato un ciclista nel vero senso della parola, perché utilizza una bici agevolata: è semplicemente un con-corrente. Anche qui, come succede sui canali televisivi, particolarmente numerosa è la squadra degli chef: oltre ad essere nutrita per definizione, è quella che ha maggior dimestichezza con batterie di pentole e pile di piatti. Nelle prime tappe, sono stati chiamati anche campioni dal glorioso passato: un modo per illuminare la gara. Quasi tutti hanno affrontato questa esperienza col sorriso, qualcuno invece l’ha presa sul serio e si è persino impegnato per vincere, sollevando il malumore dei colleghi: ci sarebbe stato da stupirsi se un Giro così non avesse provocato scintille.
V come Var. Nel senso di Video Assistence Referee: in parole povere, la moviola. In vigore dallo scorso Giro, è già diventata popolarissima per aver tolto a Viviani la tappa di Orbetello per una scorrettezza esaminata con le immagini tv: vista la località, tipico caso di Var Tirreno. Da lì in poi si è un po’ defilata, come se la giuria avesse preferito una filosofia molto più tradizionale di fronte a episodi dubbi: o la Var o la spacca. Se n’è accorto Frapporti, che nella tappa di Frascati, dove era in fuga con Maestri e Cima, ha visto il suo vantaggio dimezzarsi perché il gruppo inseguitore, a sentir lui, ha sfruttato la scia di auto e moto: siccome la giuria non lo ha notato, c’è da pensare che a sorvegliare la corsa fossero quattro amici al Var. Se n’è accorto anche chi ha seguito la fradicia volata di Terracina, dove gli episodi da rivedere, come avrebbe detto il mitico Carlo Sassi, non sono certo mancati: tappa archiviata alla chetichella, senza Var nell’occhio. Un comportamento che comincia a sollevare un timore: dopo il rigore iniziale nei confronti di Viviani, c’è il rischio che si sia passati al Var West.
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