Corridori, industriali e giornalisti del ciclismo: insieme, una volta l’anno, pedalando. Non succede a New York e neanche a Londra, non succede a Milano e neanche a Roma, ma succede a Verona. Ed è successo ieri.
Partenza da piazza Bra, la Bra, cioè l’Arena e la Gran Guardia, arrivo alla Fiera di Isola della Scala, cioè un immenso tendone nato fisso, che è una sorta di multipalazzetto dello sport, una sessantina di chilometri piatti se non per le colline moreniche. Un gruppo di una trentina di veronesi: da vecchie glorie come Severino Andreoli, Pietro Campagnari, Giorgio Furlan e Pietro Guerra, a ex professionisti come Giovanni Castelletti e Alessio Girelli, da industriali come Alessia Piccolo (maglificio Alé) ed Elisabetta Gaspari (abbigliamento Windtex) a giornalisti (un nome per tutti: Renzo Puliero dell’”Arena”) e professori (Giuseppe Degani, il “profe”). Appuntamento alle 8.30, foto di rito con tanto di assessore, pronti-via alle 9, sole a volontà, andatura turistica in città, ritmo allegro in campagna, rifornimento a pane e prosciutto (o formaggio) a metà percorso, poi ultimi cinque chilometri a velocità libera, volata finale – mezzogiorno di fuoco e, subito dopo, di cuoco - facoltativa. Poi tavolata fieristica, riso con salciccia e fagioli e riso con i “pescìn”, bianco rosso o rosé, caffè con sbrisolona, discorsi e foto con tanto di autorità locali, infine ritorno a casa o al lavoro, a caso o a scelta, chi in pullmino, chi in macchina, chi in bici.
“La pedalata dell’amicizia” (è stata battezzata così, anche se l’amicizia viene consensualmente, temporaneamente e agonisticamente sospesa negli ultimi cinque chilometri) si tiene dal 1994. Questa era la venticinquesima edizione. Le prime volte il gruppo (che era un gruppetto, anzi, un gruppettino) aveva fissato il traguardo in montagna: Stelvio, Manghen, Bondone, Rolle, Boscochiesanuova… Poi, per salvare i ciclisti e irrobustire il gruppo, sono state scelte altimetrie meno assassine, fino a privilegiare l’ospitalità della Fiera del riso (ah, il mitico vialone nano), che quest’anno, alla sua cinquantaduesima replica, in tre settimane fra pranzi e cene, si traduce nella bellezza e nella bontà di circa ottocentomila piatti di riso. Non è una coincidenza che a questa latitudine (e altitudine: zero) fioriscano fior di velocisti, da Viviani a Guardini, dai Minali a Lonardi.
Insomma: bello. Come se il mondo liquido della pallanuoto a Recco si ritrovasse per una partita in mare e poi per una tavolata di focaccia al formaggio. Come se il pianeta ovale del rugby a Rovigo si riunisse per un’amichevole di “touch” e poi per un terzo tempo a base di salsiccia polesana o tacchino ermellinato. Magari esistono, ma non risultano. Comunque, se non l’unicità, certo l’originalità dell’iniziativa veronese valorizza quell’atmosfera di leggerezza e ingigantisce quel legame di passione così rotondi, così raggianti, così ciclici.
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