Gli occhi chiusi, il sorriso estasiato, il naso aerodinamico, i capelli diritti, la mano destra sul cuore, la medaglia d’oro al collo. Un istante da godersi per la vita, un’impresa da consegnare alla storia, un trionfo da illuminare la carriera.
Elia Viviani, sul podio di Rio de Janeiro, Olimpiade 2016, ciclismo su pista, specialità omnium, e sulla copertina di “Ciclismo a Verona 2007-2016” (Scripta edizioni, 480 pagine, 14 euro), il librone che Renzo Puliero ha dedicato a “dieci anni di grandi emozioni”, terzo volume della collana storica dello sport veronese, con le fotografie di Battista Cailotto, la collaborazione dell’Ussi e il sostegno del Comune di Verona.
Verona è terra di corridori. Il primo – Senofonte Castellini – partecipò al primo Giro d’Italia, nel 1909: pasticcere in via Cappello, socio della Forti & Veloci, indossava il dorsale 95, corse grazie alla sottoscrizione lanciata dall’”Arena” ai suoi lettori, cui dava conto dei soldi raccolti e dei piazzamenti raggiunti dal concittadino. Il risultato finale, quarantacinquesimo, ebbe quasi del miracoloso. Negli ultimi dieci anni i corridori veronesi si sono moltiplicati e le vittorie ingigantite: non solo Viviani, ma ancora Davide Rebellin e Damiano Cunego, e anche Andrea Guardini e Mauro Finetto, Davide Formolo e Edoardo Zardini, Daniele Pietropolli e Michele Merlo, Riccardo Minali e Umberto Poli, Nicola Toffali e Leonardo Fedrigo, e altri.
Qui c’è tutto. C’è la vittoria di Daniele Aldegheri al Giro del Marocco 2013 e quella di Mattia De Mori al Giro del Marocco 2016, c’è la foto di Mauro Scartezzini alla vigilia del Mondiale Under 23 del 2013 di Firenze e quella di Francesco Bellotti in maglia Barloworld (la stessa di Chris Froome e Geraint Thomas), c’è Valentina Scandolara prima veronese in assoluto a partecipare a un Mondiale élite su strada nel 2011 e c’è Martina Stefani che nel 2016 ha regalato alla Verona a pedali il 24° titolo iridato della sua storia nell’inseguimento a squadre juniores. E ogni successo, ogni titolo, ogni medaglia sono occasioni ideali per ricordare quelli che avevano dato e avuto prima di loro: da Sante Gaiardoni, il re della velocità, a Eros Poli, il trionfatore del Ventoux, passando attraverso Carlo Scandola, il missionario (laico) in Ruanda, e Giuseppe Degani, “el Profe” in ciclocultura. Così, spulciando, si recupera il successo di Andrea Fin a Lonigo, la Borraccia d’oro a Pietro Campagnari, il palmares dell’Alé Cipollini Galassia, i 60 anni esemplari della Gaiga, la Stella d’oro al Pedale Scaligero.
Puliero ha fatto un lavoro immenso e inestimabile: cronache e statistiche, interviste e racconti, storie e didascalie, inni e coccodrilli (sono i pezzi scritti in morte o in memoria). Con passione e precisione, con senso di appartenenza a un mondo ma anche a una terra, ha raccolto e tramandato, scavato e scoperto, certificato e codificato, spiegato e ricordato, celebrato ed elevato. Dai professionisti agli esordienti, dal ciclocross alla handbike, dalla mountain bike alla bmx, senza dimenticare poesie (“El diretor sportivo…” di Arturo Gabanizza) e preghiere (“Filosofia dela bici” di don Roberto Vinco). Tutti amici, scrive, “con i quali si è condiviso un tratto di strada”. Perché la vita è una strada, la vita è la strada.
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.