Dylan GROENEWEGEN. 10. Li sveglia tutti, con una volata pazzesca, e poi invita il pubblico a non fare rumore, portando il dito indice alla bocca: stanno riposando, non fate rumore. Tutti zitti. Oggi è stata una tappa così: l’elogio della lentezza. La tappa più lunga finisce al corridore che un anno fa si è aggiudicato la tappa più corta (quella dei Campi Elisi a Parigi). Non so se sia davvero riuscito a zittire qualcuno, ma a bocca aperta ne ha lasciati davvero tanti.
Ferando GAVIRIA. 6. Non ha colpe, non ha responsabilità, ma qualcosa nella volata non va. La sua squadra, oggi, non è impeccabile. Si fa trovare poco pronta e reattiva, sembra pure che Alaphilippe ad un certo punto vada a rallentare Richeze pronto a lanciare lo sprint. Piccole sbavature, che Fernando paga.
Peter SAGAN. 5,5. Niente da fare, oggi arriva in zona sparo con le polveri bagnate: capita anche ai fuoriclasse.
Arnaud DEMARE. 5,5. Guarnieri lo va a prendere e lo lancia, ma il transalpino procede a stento.
Andrea PASQUALON. 6,5. Ci sta prendendo gusto: quarto piazzamento per il veneto della Wanty. Nono, non è tantissimo, ma per dirla con Totò: è la somma che fa il totale. E fin qui è tutto un’addizione.
Mark CAVENDISH. 6. È una sufficienza di incoraggiamento, perché coglie la ruota giusta, quella di Gronewegen e alla fine riesce a disputare la volata migliore di un Tour al momento molto deficitario. Però sta migliorando. Provaci Mark!
Alexander KRISTOFF. 4. Parte giusto, nella posizione giusta, poi si siede come uno zio stanco dopo una giornata di lavoro.
Marcel KITTEL. 2. Centodiciottesimo (118°), ultimo del gruppo di testa. Non fa nemmeno la volata. Non pervenuto. Penso che non sia né un problema di gambe né di testa: di squadra?
La TAPPA. 2. È la più lunga del Tour, ma è la più dura: da seguire. È una lenta processione, che ci mette a dura prova. Che assopisce i nostri istinti agonistici. Che tramortisce la nostra passione. La domanda, però, non è tanto perché i corridori si siano dati così poca battaglia (ci sta, anche queste tappe logorano e vanno a mettere a dura prova la resistenza di ciascuno partecipante) ma per quale ragione una tivù decide di riprendere in modo integrale frazioni così? A tutti i telecronisti del mondo, la nostra più alta solidarietà e comprensione: loro non possono certo occuparsi d’altro, come penso abbiano fatto la maggior parte degli appassionati minimamente muniti di buonsenso. In ogni caso l’applauso più grosso va ai tantissimi tifosi (voto 9) che, anche oggi, hanno stazionato lungo le strade per ore sotto il sole cocente: è probabile che siano più cotti dei corridori.
Laurent PICHON. 7. Dopo Offredo, parte un altro francese, il 32enne della Fortuneo Samsic che va alla ricerca di uno scampolo di gloria. Prova anche lui l’ebbrezza della fuga solitaria, del bagno di folla, delle telecamere pronte a irradiare nel mondo la sua immagine. Va alla ricerca di quel quarto d’ora di celebrità che per l’occasione dura un’oretta e mezza.
Yoann OFFREDO. 7. Il 31enne corridore della Wanty al mattino vaga per il villaggio del Tour con il suo iPhone a fare riprese. Sembra un bimbo finito nel parco giochi più bello del mondo. Ha gli occhi incantati e le gambe di chi non è capace di star fermo. Prova ne è che trova il varco giusto per andare all’attacco, per provare a vedere il Tour anche da un’angolazione diversa: e il Tour, dopo 140 chilometri di fuga solitaria, si accorge di lui.
Marco SCARPONI. 10. Porta per il mondo il suo sorriso, che poi era anche quello di suo fratello Michele. È stato invitato dal Tour, da Christian Prudhomme in persona, a parlare di sicurezza dei ciclismo, di soggetti deboli, e questa mattina alla partenza da Fougeres, Marco ha risposto alle domande dei molti giornalisti presenti. La più importante corsa a tappe del mondo sta portando avanti una campagna di sensibilizzazione importante. “La route se partage” (“La strada si condivide’). Marco condivide tutto.