«Sa cosa le dico? Alla fine è come se avessero assolto anche me». Alessandro Petacchi, uno dei velocisti più vincenti di tutti tempi (179, alle spalle solo di Moser, Saronni e Cipollini), squalificato per un anno nel 2008 per la stessa sostanza di Chris Froome, la prende bene. «Io ho sempre sofferto di broncospasmo da sforzo e grazie al certificato Uci potevo fare ricorso al Ventolin, ma con limitazione d’uso, esattamente come Froome – ci spiega il velocista spezzino -. Anch’io, quando fui trovato positivo al Giro nel 2007, ho provato con i miei legali e i miei periti (tra i quali un luminare australiano, ndr), a dimostrare che il livello di Salbutamolo in un singolo campione di urina non è un indicatore affidabile della quantità inalata. A me hanno riconosciuto solo la buonafede e mi hanno squalificato un anno per negligenza (Diego Ulissi, stesso caso, nove mesi e stessa motivazione, ndr), togliendomi la bellezza di 13 corse. Per non parlare del danno d’immagine, dei quattrini spesi per difendermi, e quelli di mancato guadagno».
Petacchi, però, non porta rancore. «Ho sempre considerato quel verdetto un’ingiustizia, perché il regolamento non è chiaro quanto l’esame, e con questa sentenza oggi è chiaramente sotto gli occhi di tutti. Ingiustizia? Una cosa in questi anni l’ho imparata: la legge non è mai uguale per tutti. Chris e il Team Sky sono stati bravi, perché hanno fatto tutto il possibile per dimostrare la loro buona fede. Mi dicono che per difendersi sono arrivati a spendere quasi 10 milioni di euro. I soldi non sono tutto, ma aiutano».