Caro Direttore,
in più occasioni mi hai definito "AMICO DEL CICLISMO". La cosa, oltre a farmi ovviamente piacere , mi ha anche creato imbarazzo. Non c'è da stupirsi. L'Amicizia, quella con la A maiuscola, oltre a gratificarti moralmente impone precisi doveri. E tra questi, certamente tra i primi, vi è quello di DIRSI LA VERITA'.
Ecco, stiamo per voltare pagina con un nuovo anno. E' tradizionalmente tempo di consuntivi, di auspici e buoni propositi, di confortanti speranze. Credo lo debba essere anche per il nostro amato CICLISMO.
Non intendo di certo esprimere giudizi: sacrosante le parole di quel Tale "non giudicare se non vuoi essere giudicato". Semplici
osservazioni le mie, chiacchiere di fine anno che magari sollecitino
un "dibattito" tra appassionati, amici del Ciclismo.
Sul
fatto che, nel nostro Paese, il movimento ciclistico goda, in
generale, di una discreta salute credo non vi siano dubbi. La
pratica della bicicletta, dal semplice uso cittadino quotidiano a
quello cicloamatoriale (nel vero senso della parola, senza improprie
commistioni agonistiche), è sotto gli occhi di tutti.
Note
dolenti, a parer mio, riguardano invece i... livelli superiori. Il
vivaio giovanile, "fucina di talenti" (come si diceva una volta) e
serbatoio indispensabile per la stessa sopravvivenza "nostrana" del
ciclismo, non alimenta adeguatamente l'inevitabile ricambio
generazionale.
Insomma,
tanti, troppi giovani , anche talentuosi, si... perdono per strada sul
percorso che dalle categorie minori conduce alla Professione del
Ciclista. Non
ho remore ad affermare che, oltre ai tempi che viviamo - dove parole
come applicazione, serietà, sacrificio ben raramente trovano consensi,
soprattutto tra i giovani - manchino figure altamente professionali,
"esemplari" nel senso più pragmatico del termine, in grado di
fronteggiare il problema.
Per
restare con i piedi per terra, senza voli pindarici od inutilmente
ideali, ricordo a me stesso quello che ripetevano veri e propri
maestri, di sport e di vita: IL CICLISMO E' UNO SPORT DURO. In
queste poche e crude parole , che la complessiva evoluzione tecnologica
ha di certo attenuato ma non cancellato, permango filosoficamente
dell'avviso che risieda l' ANIMA del Ciclismo.
E
vengo a coloro che, nella realtà ed insieme nell'immaginario
collettivo, sono il simbolo dello Sport del Pedale: la categoria dei
Professionisti. Uomini
e Donne (non dimentichiamo mai le nostre atlete plurivittoriose) che
dedicano gran parte , certamente la migliore, della loro vita al
magnifico e fachiresco esercizio della bicicletta.
Che
sanno suscitare sentimenti anche contrastanti, ma che in questo mondo
ormai banalmente "virtuale" sono in grado di regalarci emozioni
incomparabili. Che, a mio avviso, alimentano la vita.
E'
vero: per restare ai Professionisti di casa nostra non abbiamo più i Fuoriclasse. E' altrettanto vero che i tempi siano mutati , e con essi
il modo stesso di... fare Ciclismo.
Ma abbiamo Campioni che, come nell'ultima "Classica delle foglie morte", sanno donarci perle di rara bellezza.
Non
faccio nomi: per il sottoscritto i Professionisti sono tutti atleti
che meritano il nostro plauso ed il massimo rispetto - sempre - per la
dedizione allo Sport che amiamo. Quel
rispetto di cui, purtroppo, non sempre godono da parte di coloro che
dovrebbero essere i primi a tutelarli dai... rischi del mestiere. E non
c'è nulla di più desolante ed avvilente che avere dei Giuda e dei
Pilato in casa propria.
Se
si abbandona l'atleta a se stesso, si corre il rischio di perdere anche
l'uomo. E' nelle difficoltà che si riconoscono i veri Amici. Anche quelli del Ciclismo.
Un caro Augurio di un Sereno e Felice 2018, a te Direttore e Amico vero, ed a tutti gli Amici del Ciclismo.
Cordialmente.
Fiorenzo Alessi
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