Lui è l’uomo in fuga. Anzi, il rosso (di
Buja) in fuga. Perché parte, cerca l’avventura, spesso lascia il segno.
Ora Alessandro De Marchi prova un’altra fuga: pensare a costruire il
suo futuro partendo da due capisaldi: la bici e il suo Friuli. Stasera l Belvedere di Buja presenterà l’etichetta di vino
e il logo “Il rosso di Buja”, prima parte di un progetto ambizioso.
Hai solo 31 anni, pensi già al dopo-carriera?
«Certo, ma spero di dover scrivere ancora le imprese più belle nella mia carriera».
Da cosa nasce il progetto?
«Dall’amore per il mio Friuli e per la bicicletta. Ho conosciuto i
Comelli di Nimis e grazie a loro la grafica Lucia Zamolo: è nata l’idea
di fare un logo per il rosso di Buja e un’etichetta per il Cabernet
franc dei Comelli. Non si poteva che scegliere un vino rosso».
Molti tuoi colleghi, non per forza campioni, si trasferiscono a
Lugano o Montecarlo. Per allenarsi e pagare meno tasse, tu scegli il
Friuli...
«Un giorno una mia cara amica scrisse sul mio sito web questa frase:
“Un uomo senza la sua terra è un uomo senza cuore”. Può benissimo
riassumere questo progetto».
Ma quale è il tuo rapporto col vino? Lo bevi?
«Assolutamente sì, il bicchiere di vino cucinando prima di cena con mia
moglie Anna è un must, ci raccontiamo la giornata e ci rilassiamo».
Nel futuro: vino e poi?
«Ciclismo. Non credo farò il direttore sportivo o qualcosa del genere.
Spero di continuare a correre in bici, magari per portare i turisti in
giro per il mio Friuli a conoscere meglio questo splendido territorio.
Chissà che da un’etichetta sulle bottiglie presto si arrivi a questo».
Idee nate in bici?
«Ovvio. Quando mi alleno penso, progetto, ragiono... e naturalmente fatico. In gara no, è decisamente più difficile».
In fuga poi ancora peggio. A quando la prossima?
«Spero al Campionato italiano in Piemonte fra due domeniche. È uno dei miei obiettivi della stagione».
Brindare col cabernet in maglia tricolore non sarebbe male...
«Beh, indossare il tricolore sarebbe un sogno. Ci proverò, tre giorni
prima correrò anche la crono per rifinire la forma. Al Tour de France
farò di tutto per provarci ancora. Dopo il Delfinato credo di arrivarci
con la forma giusta».
Un anno fa la Bmc ti lasciò a casa...
«E mi infuriai. Quest’anno è diverso. Sarò uno dei fedelissimi di
Richie Porte, uno dei favoriti. Sta andando forte, sono orgoglioso di
poterlo aiutare. Se poi avrò le mie possibilità tenterò le fughe. Il
Tour mi manca, nel 2014 ho vinto il premio della combattività: voglio
capire se è davvero la mia corsa».
Poi?
«Vuelta e, se starò bene, spero il Mondiale, magari anche la cronosquadre con la mia Bmc dove al 90% resterò anche nel 2018».
Ma è proprio vero che il ciclismo italiano è in crisi?
«Aru, Trentin, Ulissi: vedrete al Tour. Oggi il ciclismo è globalizzato: impensabile vincere a raffica come vent’anni fa».
Allenamento di rifinitura pre-Tour?
«Un giro massacrante sulle salite della Carnia: per me è un classico».
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