Raccontaci un po' di te.
«Arrivo da un paese molto simile a dove siamo oggi, con un clima mite come quello italiano e un terreno vario, con tante salite su cui allenarsi. Nell'ultimo mese non ho corso, avevo bisogno di staccare dopo le classiche, ma mi sono preparato bene per questo appuntamento. Sono contento di aver conquistato tappa e maglia, per me e per il team. Avevano chiuso con Joe Dombrowski in rosa, dopo 5 anni ritrovarci qui ancora primi è gratificante».
Hai una dedica speciale?
«Sì, questo successo ha un sapore dolceamaro. La nostra squadra nell'ultimo periodo ha vissuto due gravi lutti. Abbiamo pianto il nostro compagno Chad Young, caduto al Tour of Gila, e il nostro addetto stampa Sean Wide, che ci ha lasciato senza preavviso meno di dieci giorni fa. Per noi sono stati mesi molto duri, siamo venuti qui al Giro addolorati ma con la voglia di fare il meglio possibile e ricordare entrambi come meritano».
Come hai scoperto il ciclismo?
«Grazie ai miei genitori, che hanno sempre praticato triathlon. Io ho iniziato seguendo le loro orme e divertendomi in mtb, dalla tv ho imparato ad amare la strada. Ho scelto questa disciplina a 18 anni».
Perchè l'hai preferita al trithlon e al cross country?
«Perchè ti permette di visitare luoghi magnifici come quello in cui troviamo oggi e di scalare le montagne in giro per il mondo. Io amo viaggiare e ammiro molto l'Italia, un paese bellissimo. Amo il vostro clima, è difficile trovare una brutta giornata. In generale cerco di apprezzare ogni posto in cui vado e di trarne il meglio. A Maiorca come in Norvegia».
La squadra per cui corri era nata con il nome RadioShack Livestrong, la tua opinione su Lance Armstrong?
«Beh, è passato molto tempo da allora ed è da parecchio che non c'entra più nulla con il team. Come ogni ragazzo americano cresciuto mentre lui era al clou della carriera l'ho seguito e tifato, ma sappiamo come sono andate le cose. Oggi il ciclismo è un mondo senz'altro più pulito. Non ho idoli nel ciclismo attuale e del passato, i miei riferimenti sono i miei genitori, per il resto preferisco guardare a me stesso. Axel Merckx che oggi guida la squadra mi sta insegnando molto. In questi giorni essere in hotel con il mitico Eddy, che ha vinto qualsiasi cosa, e il nipote Luca Masso, che con l'Argentina ha vinto l'oro nell'hokey su prato alle Olimpiadi di Rio è stato eccezionale».
Passioni extraciclistiche?
«Non ho tanto tempo libero, ma mi piace trascorrerlo leggendo o facendo una camminata nella natura e ovviamente in famiglia, con la mia fidanzata e gli amici».
Cosa ti auguri per il tuo futuro?
«Semplicemente, di essere felice. Spero di non diventare troppo cinico per quanto riguarda il ciclismo. Le corse sono importanti, ma ciò che conta nella vita è altro. Se una gara va male non è un dramma, riproverai a vincere alla prossima. Ovviamente vorrei vincere una tappa in ognuno dei tre grandi giri e, magari, in uno aggiudicarmi anche la classifica generale ma chissà cosa ci riserverà il futuro... Per ora penso a questa corsa e a difendere la maglia rosa».
da Imola, Giulia De Maio
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