“Buongiorno! Si accomodi. Ragioniere, cosa sa di ciclismo?”.
“Niente”.
“Complimenti! Lei è assunto”.
Era il 1959. Per cinque anni avrebbe seguito giri e tappe, classiche e circuiti, per cinque anni avrebbe letto quotidiani e riviste, Giuseppe Ambrosini e Bruno Raschi, per cinque anni avrebbe frequentato Ercole Baldini e Gastone Nencini, Antonio Maspes e Sante “Gianni” Gaiardoni, per cinque anni avrebbe respirato oli canforati e oli di gomito fino a conoscere, apprezzare, amare il mondo di quel ciclismo.
Carlo Delfino si affida, come espediente letterario, proprio a quel ragioniere, incompetente ma entusiasta, ingenuo ma candido, che con l’obiettivo di promuovere una cravatta viene catapultato fra campioni e gregari, su tornanti e vialoni, in settimane tricolori e velodromi olimpici. Le sue strade diventano le nostre, anche quelle del Giro e del Tour, i suoi protagonisti diventano i nostri, anche i Taccone e i Venturelli. Perfino quando Coppi, inaspettatamente e drammaticamente, muore.
“Dopo Coppi” (Alba Edizioni, 160 pagine, 16 euro) è il racconto romanzato del ragioniere in questi cinque anni a pedali. Delfino ne approfitta per allontanarsi dalle sue passioni e peculiarità (la storia, i saggi, la ricerca, gli archivi) e abbandonarsi al racconto, dunque a preferire – almeno stavolta – la leggerezza al rigore, l’accompagnamento all’approfondimento, come un’affettuosa chiacchierata tra amici al bar o al caminetto o alle transenne mentre tutti insieme si aspetta quell’attimo fuggente in cui apparirà il gruppo.
E’ così che il ragioniere diventa amico di Pizzali e Vigna, scopre Carlìn e Cougnet, si appassiona per Defilippis e Massignan, frequenta Longo e Severini, ammira Anquetil e Van Looy, ascolta Torriani e Magni. Con pudore, con rispetto, con stupore, con curiosità, con leggerezza. La stagione del ciclismo va dal fango del ciclocross e il fumo delle Sei Giorni fino alle foglie morte del Giro di Lombardia. E il tempo, a pagine di calendari, vola.
Cinque anni dopo, il ragioniere si domanda che cosa resterà di “quei personaggi veri, ma pronti anche a essere ‘manipolati’ per lo spettacolo a tutti i costi”. La sua risposta sa già tanto di nostalgia: “Forse non ci accorgevamo, allora, di aver vissuto una generazione irripetibile e di aver incontrato tanti buoni corridori… così come non ci siamo accorti di vivere il boom economico, se non quando l’abbiamo perso”.
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