Sono quelli del palco a pedali: “Sintesi di ecologia, economia, utopia e poesia. Un quadratone di cento bici inchiodate a terra, da pedalarci sopra per produrre l’energia necessaria per suonare, cantare e illuminare il palco”.
Sono quelli che hanno accompagnato Don Ciotti per la sua Libera: “I 90 km della tratta di ritorno Portella-Cinisi decisero di percorrerli sulle bici prestate dal sindaco e dall’assessore. Arrivarono in ritardo sull’orario di inizio del concerto. E, oltretutto, le bici, lasciate incustodite, erano sparite”. In verità, solo “trasportate in un altro luogo dall’organizzazione”.
Sono quelli che per due anni prendono il comando dell’Eroica di Montalcino: “Stabiliscono che è giunta l’ora di dare spazio a gregari e comprimari. Quindi le strade di Montalcino devono cambiare denominazione: Via Regina Margherita non si chiamerà più così, bensì Via Serse Coppi”. E “dagli altoparlanti disseminati agli angoli della cittadina fuoriescono le cronache di uomini in fuga e di inseguimenti accaniti”.
Sono quelli del festival Stradarolo a Zagarolo: “Ecco che vengono costruite macchine a pedali con le bottiglie di acqua minerale e biciclette in legno d’ulivo. E solo in bicicletta (o in triciclo) era possibile andare in giro per le strade chiuse al traffico”.
Tetes de Bois. Teste di legno. Angelo Pelini alle tastiere, Andrea Satta alla voce, Carlo Amato al basso, Luca De Carlo alla tromba. Più una lunga schiera di amici e compagni, fiancheggiatori e simpatizzanti, pedalatori e sostenitori, che li accompagnano in concerti e presentazioni, viaggi e improvvisazioni, feste e manifestazioni, gite e registrazioni. Massimo Pasquini ha scritto “La strada, il palco e i pedali”, trent’anni di storie dei tetes de Bois (Squilibri, 128 pagine, 15 euro).
Pacifici e ostinati, poetici e impegnati, i Tetes de Bois sono quelli di Margherita Hack che interpreta Alfonsina Strada in una canzone-video, sono quelli di Sergio Endrigo che sparò barzellette a raffica ribaltando la sua fama di cantante malinconico, sono quelli di Cadel Evans che pedalando a dinamo fece quasi saltare il delicato impianto per l’atletico impegno, sono quelli che seguirono (gratis) il Tour de France del 2008 per il Manifesto e quello del 2009 (gratis) per l’Unità con le parole di Andrea Satta e i disegni di Sergio Staino, sono quelli di Gianni Mura che coinvolto in un gioco mnemonico fondato sulle iniziali dei cognomi dei corridori si ritrovò a Grosseto invece che a Siena, sono quelli che concepiscono un album, che diventa un festival, che diventa un manifesto e uno slogan, intitolati “Goodbike”, sono quelli che affrontano le transumanze a pedali, da quella altoatesina a quella calabra, anche in assenza di mandrie ma non di bici.
“La strada, il palco e i pedali” è un anniversario, una rimpatriata, un album di famiglia, una nuova festa sui prati, un’eterna pedalata di gruppo compatto
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