E’ tornata Alfonsina. Alfonsina di fine Ottocento, Alfonsina da Castelfranco Emilia, Alfonsina niente acqua corrente né luce elettrica, Alfonsina per i viottoli scavati fra i campi di grano, le risaie e i maceri per la canapa, Alfonsina su barrocci tirati a braccia o dal cavallo, Alfonsina che dei cavoli fa il piatto quotidiano e ne mangia perfino il gambo, Alfonsina che d’inverno brucia le radici della canapa invece della legna troppo costosa, Alfonsina che impazzisce per la bicicletta, che fa la corridora, o la corridrice, non si sa neanche come si dice, Alfonsina che corre con gli uomini e che con gli uomini correrà il Giro d’Italia del 1924.
E’ tornata Alfonsina, l’Alfonsina di “Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada”, la biografia scritta da Paolo Facchinetti e pubblicata da Ediciclo nel 2004, giunta solo adesso alla seconda edizione (160 pagine, 15 euro), con una nuova copertina (di Vanessa Collavino) e una nuova prefazione (di Antonella Stelitano). Nel frattempo Alfonsina è stata rivisitata dalla novel graphic di Tommaso Percivale per Einaudi (“Più veloce del vento”, del 2016), dal libro-gioco di Fernanda Pessolano per Ediciclo (“Alfonsina e il circo”, del 2017), dal libro per bambini “Alfonsina corre” del portoghese Joan Negrescolar per Terre di mezzo (“Alfonsina corre”, del 2019) e dal romanzo di Simona Baldelli per Sellerio (“Alfonsina e la strada”, del 2021). Alfonsina è stata cantata e musicata dai Tetes de Bois (e in un video nell’interpretazione di Margherita Hack), portata in palcoscenico negli spettacoli di Patrizia Bollini, Federica Molteni e Michele Vargiu. Nel frattempo la cicloletteratura si è arricchita di libri al femminile, da “Donne in bicicletta” della stessa Stelitano a “Il ciclismo nel sangue” di Elisa Cozzarini su e con Paola Turcutto, da “Cicliste per caso – l’Italia in bicicletta sulle tracce di Alfonsina Strada” di Silvia Gottardi e Linda Ronzoni a “Volevo fare la corridora” di Gianluca Alzati su Morena Tartagni, tutti di Ediciclo. Nel frattempo il ciclismo delle donne ha conquistato il mercato e, quello delle donne italiane, ha trovato podi olimpici e mondiali, traguardi di grandi giri e classiche nordiche.
Ma il lavoro di Facchinetti, morto nel 2014, rimane fondamentale. La sua indagine storica e giornalistica segna confini alla leggenda e pone limiti ai miti. Il Giro, quel Giro, rivisitato tappa dopo tappa sulle copie archiviate alla “Gazzetta dello Sport”; la seconda vita da atleta e attrice circense, in giro per l’Italia e poi per il mondo; la sua vera vita, di figlia, di sorella, di sposa, due volte sposa, e le sue case, da quella originaria di Fossamarcia a quelle milanesi in via Farini e sulla Varesina; il suo negozio di cicli e motocicli, le sue passioni, i suoi dispiaceri, e quel suo ultimo chilometro, così ingiusto, così ingrato, così inguaribile: la moto che non voleva accendersi, il cuore costretto a spegnersi.
“Nessuno si ricorda più di me”, sospirava Alfonsina quando tornò dalla Tre Valli Varesine, poche ore prima dell’imprevisto addio cardiomeccanico. Invece adesso, di lei, si ricordano tutti. “Gli anni ruggenti di Alfonsina Strada” continuano a ruggire.